Come pensare al Tibet

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di Donald S Lopez Jr
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Pensate al Tibet come alla Lettonia, con montagne altissime. La Lettonia è stata un tempo la repubblica sovietica più ad occidente, nonostante avesse poco in comune con la Russia. La lingua, la religione, la letteratura, il cibo, la società erano tutte alquanto differenti. La Lettonia è stata orientata ad occidente e all’Europa per buona parte della sua lunga storia. Tuttavia la Lettonia è caduta sotto il controllo russo durante il 19° secolo. Dopo la rivoluzione russa del 1917, ha ottenuto l’indipendenza nel 1921, per cadere sotto Stalin solo nel 1940. Dopo cinquant’anni di dominazione sovietica, l’Unione Sovietica è collassata e la Lettonia ha riottenuto l’indipendenza nel 1991.

La maggior parte dei tibetani non ha mai sentito parlare della Lettonia. Ma i paralleli sono sorprendenti. Oggi, la “Regione Autonoma del Tibet” (RAT) è la provincia sudoccidentale della Repubblica Popolare Cinese (RPC); la parola cinese per Tibet è Xizang, “tesoro dell’occidente.” Nonostante i linguisti oggi parlino di linguistica “Sino-Tibetana”, la relazione del cinese col tibetano è debole. Il Tibet ha ricevuto il proprio Buddhismo dall’India molto dopo che il Buddhismo attecchisse in Cina; proprio cominciando con l’8° secolo, il Tibet guardava all’India piuttosto che alla Cina per la sua cultura letteraria e religiosa, al punto di modellare il proprio alfabeto su una scrittura Indiana. I tibetani mangiano orzo arrostito bagnato col malfamato “tè al burro di yak”, qualcosa che il palato cinese trova poco allettante. Malgrado ciò, durante il 18° secolo, buona parte degli affari tibetani erano soprasseduti dalla corte cinese. Con la caduta dei Qing, il Tibet diventò uno stato indipendente, una condizione che ha mantenuto dal 1913 al 1951. A cominciare dal 1951, il Tibet è stato parte della Repubblica Popolare Cinese. Ciò che oggi è chiamato “Regione Autonoma del Tibet” (RAT) rappresenta solo una porzione del dominio culturale tibetano. Le aree rimanenti sono state incorporate nelle province della RPC del Sichuan, dello Yunnan, del Gansu e del Qinghai.

Il 10 Marzo 1959, nella capitale tibetana di Lhasa circolava una voce secondo cui le truppe Cinesi che occupavano la città intendevano danneggiare il Dalai Lama. Una grande folla si è riunita e ha protetto il suo palazzo d’estate al fine di evitare che i cinesi vi entrassero o che il Dalai Lama uscisse. Il 17 Marzo, i cinesi hanno bombardato il palazzo; il Dalai Lama fuggì quella notte, travestito da soldato tibetano, avviandosi verso l’esilio in India. Non è ancora tornato.

Un anniversario determinante
Il 10 Marzo è festeggiato dalla comunità tibetana in esilio e dai sostenitori della causa tibetana in tutto il mondo come la “giornata di rivolta nazionale del Tibet”. Il 10 Marzo 2008, circa cento monaci dal monastero di Drepung (prima dell’invasione cinese il più grande monastero del mondo, con più di 10.000 monaci) hanno iniziato a percorrere le cinque miglia per arrivare a Lhasa per protestare contro la detenzione di alcuni monaci imprigionati dopo che, nell’Ottobre 2007, il Dalai Lama ha ricevuto la medaglia del congresso negli Stati Uniti. Sono stati fermati dalle forze di sicurezza cinesi, e molti tra i monaci sono stati picchiati. La società tibetana ha sempre accordato il massimo rispetto ai monaci; a partire dall’occupazione cinese del Tibet, essere monaco significa essere patriota, le vesti rosse e le teste rasate infatti marcano una certa sfida nei confronti dello stato cinese dichiaratamente ateo. I laici tibetani sono protettivi nei confronti dei monaci tibetani; è stato nel 1950, quando i quadri cinesi hanno cercato di impossessarsi delle terre dei monasteri buddhisti nel Tibet orientale, che si sono verificati i primi spargimenti di sangue tra i Comunisti cinesi e i tibetani. L’esercito di liberazione popolare seguì di lì a poco.

Il 10 Marzo 2009 sarà il cinquantesimo anniversario delle rivolte. Ma i monaci di Drepung sono venuti a sapere che il 10 Marzo 2008 sarebbe stato l’ultimo 10 Marzo prima delle Olimpiadi di Pechino. Hanno osato utilizzare l’occasione per attirare l’attenzione verso la situazione del Tibet, dove dal 2006 una ferrovia da alta quota ha portato migliaia di lavoratori cinesi e di turisti cinesi a Lhasa, e dove nel 2007 il governo cinese ha dichiarato che a partire da quel momento in poi avrebbe approvato il riconoscimento di tutti i lama reincarnati (che comprenderebbe anche il Dalai Lama). I monaci sono venuti a conoscenza di cosa c’era in gioco. I monaci e le monache furono in prima linea nelle insurrezioni del 1987 e del 1989, che risultarono in arresti, torture, e in sentenze di lunga detenzione per centinania. Tra le forze di sicurezza cinesi spiegate in risposta vi erano cameramen che catturavano per un uso futuro le facce di tutti quelli che marciavano in protesta.

La ruota gira
E quindi il Tibet è esploso nella violenza. Notizie hanno riferito “la protesta tibetana si è estesa a cinque province cinesi”. Ma per i Tibetani, le regioni del Sichuan e del Gansu e del Qinghai dove vi sono state proteste e violenza, non sono province cinesi; sono tibetane. Le politiche cinesi in queste aree sono state generalmente più liberali che nella Regione Autonoma del Tibet, rendendo il rapido diffondersi delle proteste oltre alla RAT ancora più significante, e indicando il livello di frustrazione in fermento per persone di etnia Tibetana su una vasta regione un tempo chiamata “Tibet”.

Il Tibet ha una storia violenta. I soldati tibetani hanno sconfitto gli eserciti dell’imperatore cinese e conquistato la sua capitale nel 763. Il Quinto Dalai Lama si è impossessato del trono nel 1642 con l’assistenza delle truppe mongole. Quando l’attuale Dalai Lama ha ordinato ai guerriglieri tibetani che da tempo inseguivano i cinesi di abbandonare la lotta, alcuni si sono tolti la vita. Questo Dalai Lama ha invitato i tibetani a non ricorrere alla violenza nei confronti dei cinesi, spiegando che un cervo non può affrontare una tigre. Conosce la sofferenza che nel passato è scaturita dalla resisistenza (vedi Tubten Khétsun, Memories of Life in Lhasa Under Chinese Rule [Columbia University Press, 2008]).

C’è altro da fare se non aspettare? La Lettonia ha riconquistato la propria indipendenza col collasso dell’Unione Sovietica. Sembrerebbe che il Tibet possa riottenere l’indipendenza col collasso della Repubblica Popolare Cinese. Nel Buddhismo, il tempo non è misurato in secoli, ma in cicli di creazione, permanenza, distruzione e vacuità, e poi ancora creazione.

Traduzione di Martino Dibeltulo

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Sull’autore:
Donald S Lopez Jr è professore di studi Buddhisti e Tibetani all’Università del Michigan. Tra i suoi libri troviamo Prigionieri di Shangri-La: il Buddhismo tibetano e l’occidente (University of Chicago Press, 1998), (come editore) Buddhist Scriptures [Scritture Buddhiste] (Penguin, 2004), e The Madman’s Middle Way: Reflections on Reality of the Tibetan Monk Gendun Chopel [La via di mezzo del folle: riflessioni sulla realtà del monaco tibetano Gendun Chopel] (University of Chicago Press, 2005).

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