Il prezzo del latte e della dignità

0

di Michela Murgia
www.michelamurgia.com

Assistere alla protesta dei pastori può fare lo stesso effetto che guardare l’agonia di un passero ingabbiato che si spezza il becco nel disperato tentativo di allargare le sbarre e volare via. Le ragioni di questi uomini sono sacrosante: il loro lavoro non vale più nulla perché i caseifici, pressati dalle feroci politiche dei prezzi della grande distribuzione, impongono al litro di latte di pecora il valore ridicolo di sessanta centesimi, meno di quanto costa produrlo. Eppure per dire queste ragioni cinque di loro oggi sono in carcere, alcuni sono feriti, uno ha perso un occhio per un fumogeno partito “per sbaglio” ad alzo zero dal solito poliziotto sbadato, gli altri sono stanchi, stanno dormendo in macchina, hanno le famiglie a casa e il bestiame in mano a qualcun altro.

A dispetto di come vorrebbe dipingerli una certa stampa, queste persone non sono un esercito di gladiatori, sono solo padri di famiglia. La loro battaglia è condotta con ragione, ma confusamente, con mezzi allo stesso tempo inadeguati e mal mirati. Inadeguati perché quando sei con l’acqua alla gola puoi solo chiedere l’elemosina di un aiuto economico, mentre gli stessi pastori sanno benissimo che il problema del mercato agricolo in Sardegna è strutturale, non contingente. La promessa di dare quindicimila euro a ciascuno di loro, oltre ad aver fruttato qualche voto di clientela ai politici che l’hanno fatta, sarebbe forse una boccata d’ossigeno per chi deve pagarsi le rate, ma non cambierebbe di una virgola l’ingiustizia dell’abisso dei prezzi tra la produzione e il dettaglio, che esiste da tempo e che ogni anno si ripresenta con crescente drammaticità.

Quello che è successo ieri a Cagliari serve però a dare la misura di quanto in fretta la situazione potrebbe precipitare se le risposte all’urgenza non arriveranno subito; per questo, davanti all’emergenza concreta in cui vivono le 17mila famiglie dei pastori sardi, è comunque doveroso che ricevano aiuti e che li ricevano subito. In una crisi dove il governo italiano si è precipitato a creare salvagenti per manager, banche e imprese, affermare che per i pastori non ci sono le risorse sarebbe una scelta politica chiaramente rivelatoria di quali siano le priorità di chi decide.

Ma ammettendo che arrivi la boccata di ossigeno, dopo serviranno immediatamente politiche mirate alla valorizzazione e ristrutturazione del settore produttivo agropastorale, e il dramma vero sorgerà lì. O veramente qualcuno tra i manifestanti si aspetta che queste scelte le faccia la giunta regionale guidata dal figlio del commercialista di Berlusconi? A Cagliari in questo momento non c’è alcun governo, solo incompetenti che per mesi si sono accapigliati per decidere come spartirsi le poltrone. Andare a protestare sotto alle loro finestre più che un atto politico è uno psicodramma: dietro a quelle finestre non c’è nessuno. L’inadeguato Cappellacci, che non ha il potere reale di mettere in atto nessuna delle soluzioni che da mesi promette a queste persone, riesce solo a balbettare che “le ragioni legittime di una protesta non possono mai giustificare degenerazioni come quelle viste davanti al Consiglio regionale“. Sulle degenerazioni viste dentro il Consiglio regionale a discapito delle priorità dell’isola, nemmeno una parola.

Ai pastori di Sardegna voglio dare tutta la mia fraterna solidarietà, ma anche un consiglio appassionato: se lo stupido è quello che causa un danno agli altri senza ottenere niente di buono per sé, voi protestate con intelligenza, certi che non sarete lasciati soli. Ma soprattutto, per favore, smettete di votare chi continua a promettervi la boccata d’ossigeno in questa o quella emergenza. Se non vogliamo essere un popolo che vive di urgenze, quello di cui abbiamo disperatamente bisogno è respirare a pieni polmoni, i nostri.

Share.

Leave A Reply