La riscrittura dello Statuto sardo e le contraddizioni dell’autonomismo

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di Franciscu Sedda

È evidente che dentro i DS non si parlano o non hanno le idee chiare. Su un tema centrale come lo Statuto nella stessa giornata Emanuele Sanna, in un’intervista all’Unione Sarda, e Giacomo Spissu, in un’altra rilasciata al Giornale di Sardegna, hanno dichiarato due cose opposte. Il primo ritiene che il nuovo Statuto sia un “obbiettivo irrinunciabile” da mettere in agenda e ottenere entro la fine della legislatura, il secondo che “non ci sono le condizioni per ragionare del nuovo Statuto” e che dunque neanche questa sarà una legislatura “costituente”. Che novità.

La triste verità, contraddizioni dei DS a parte, è che tutta la classe dirigente sarda – sinistra, destra e centro – hanno colto ogni possibile occasione per svilire la portata e il valore politico della riforma, dicendo che c’era sempre qualcosa di più importante (vi ricordate quando Rifondazione disse che la vera priorità non era lo Statuto ma il lavoro? Come se riformare lo statuto causasse disoccupazione. O era forse l’ammissione che sono incapaci di fare due cose insieme?!).

La classe dirigente sarda è talmente poco sarda e poco incline a voler cambiare dalle fondamenta l’attuale disastroso stato della vita dei sardi che anche quando il governo italiano gli offrì motivo e scusa per procedere speditamente (ricordate le dichiarazioni contro lo Statuto e la sovranità del ministro Lanzillotta? Ricordate le reazioni orgogliose e sdegnate del giorno dopo?) lasciò cadere la cosa.

(Ricordate la stranezza? Il centrodestra, che se fosse stato coerente con se stesso avrebbe dovuto cogliere la palla al balzo per mettere in imbarazzo Soru e il Governo italiano di centro-sinistra, qualche giorno dopo bloccò invece l’istituzione della Consulta per la riscrittura dello Statuto chissà perché e pensare che oggi alcuni di quelli parlano di un “nuovo statuto per la nazione sarda”: come fare a credergli?)

Morale di questa tragica favola è che la vera causa della disunità dei sardi è solo ed esclusivamente la classe politica autonomista che non riesce ad unirsi nemmeno per riscrivere uno Statuto nato male e invecchiato peggio. Ma in fondo, lo sappiamo tutti (almeno noi indipendentisti), a loro lo Statuto piace e fa comodo così: chi vuole accollarsi il rischio di parlare sul serio “di nazione” e “da nazione”?

Ciò che invece noi di iRS possiamo e dobbiamo fare è parlare coi sardi, mettergli davanti questa evidenza: che non ci sarà un grande cambiamento, un grande salto di qualità nel governo di questa nostra terra finché si affideranno all’unionismo.

23/06/2007

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Isgàrrica s’artìculu: 2007-06-23 – Statuto sardo e le contraddizioni dell’autonomismo

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