di Bobore BUSSA | iRS TzdE-Limba Natzionale |
L’intervento di Roberto Bolognesi apparso su L’Altravoce è sicuramente condivisibile, in particolare laddove viene sottolineato il fatto che la RAS non ha al momento nessun piano o progetto di pianificazione linguistica e di diffusione della lingua sarda nella scuola come strumento di formazione. Le uniche attività che vengono portate avanti dalla RAS sono attività di folklorizzazione della Lingua. Non si capisce come mai la RAS ad esempio non abbia preso in considerazione i risultati della ricerca sociolinguistica da lei stessa commissionata e pagata; risultati che se analizzati avrebbero dato esattamente le coordinate entro le quali programmare una spesa di denaro pubblico rivolta alla valorizzazione della lingua del popolo sardo.
Spendere una cifra importante come 29.000.000 di euro senza avere un progetto serio di pianificazione linguistica è sicuramente un danno non solo per la cultura e per la lingua ma anche per l’economia della Sardegna.
iRS crede che dopo tanti proclami sia giunto il momento che la regione riunisca esperti, associazioni e operatori che quotidianamente si occupano di lingua sarda, affinché si inizi a redigere un serio progetto di pianificazione linguistica che, prendendo il meglio di quello che è stato realizzato in altre nazioni, rielaborandolo e adattandolo alla nostra situazione sociolinguistica, sappia rispondere all’esigenza della nostra nazione di dotarsi finalmente di una lingua nazionale ufficiale, pubblica e moderna, che possa essere insegnata nelle scuole e nelle università.
iRS lavorerà affinché le questioni riguardanti la lingua sarda vengano in futuro separate dalla legge regionale 26 e vengano trattate da una legge apposita, “una lege pro sas limbas de sa natzione sarda” che indirizzi in modo mirato le risorse disponibili alla pianificazione linguistica, alla formazione degli operatori, all’utilizzo in ogni ambito pubblico e privato della lingua, esattamente come avviene per tutte le altre lingue minoritarie d’Europa.
17/01/2008
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Articolo di Roberto BOLOGNESI
RIVOLUZIONE MANCATA: CI SONO I MILIONI MA SENZA PROGETTO E STRUMENTI PER DEMOLIRE IL MONOLINGUISMO ISTERICO
Complimenti Assessore!
Se non mi sbaglio è la prima volta che un provvedimento a favore della lingua sarda non fa sollevare il solito coro di proteste da parte chi considera il finanziamento della Limba uno spreco di denaro pubblico.
Mi riferisco ovviamente alla deliberazione n. 47/29 del 22 novembre 2007. E non si tratta neanche di una cifra di poco conto: sono «€ 19.000.000 destinati alle scuole autonome di ogni ordine e grado della Sardegna per il finanziamento di interventi a sostegno dell’Autonomia organizzativa e didattica, e in modo particolare per azioni mirate ad arginare la dispersione scolastica, favorire la qualità dell’insegnamento e promuovere la conoscenza della lingua e della cultura sarda» (la sottolineatura è la mia).
È vero che questi soldi non saranno tutti destinati alla Limba, ma si tratta di una cifra all’incirca doppia rispetto a quanto prevede la legge 26.
Cosa sarà successo? Che la “rivoluzione copernicana” di cui lei parla sia riuscita a far convertire anche i più corriatzos tra gli avversari del sardo?
Lampu, con una cifra del genere si potrebbe finalmente introdurre l’insegnamento del sardo nelle scuole: l’incubo dei sardofobi! Ma il fronte del NO! tace
Eppure, da questa citazione sembrerebbe che la delibera colga finalmente il rapporto tra dispersione scolastica e la negazione della lingua sarda nella scuola, eliminando almeno UNA delle cause della dispersione scolastica in Sardegna – per la cronaca, più che doppia rispetto alla media nazionale: siamo beatamente ultimi!
Sembrerebbe insomma che la delibera accolga finalmente la denuncia di Maria Teresa Pinna Catte (in “Educazione bilingue in Sardegna”: 1992): «È purtroppo diffuso tra gli insegnanti l’errore di dare per scontate certe abilità nella lingua dell’alfabetizzazione, sia con i bambini italofoni provenienti da ambienti sociali svantaggiati, sia soprattutto con i bambini sardofoni o imperfettamente bilingui, che vengono avviati alla lettura e alla scrittura nella L2 senza che abbiano interiorizzato gli strumenti linguistici e concettuali di questa lingua. La scuola spesso non si preoccupa nemmeno di sviluppare competenza, ne dà per scontato il possesso».
Infatti l’insegnamento contrastivo di sardo e italiano permetterebbe di prendere i due piccioni con una fava: alfabetizzando anche in sardo i bambini sardofoni si eviterebbe di traumatizzarli, e tutti i bambini imparerebbero a distinguere le strutture del sardo da quelle dell’italiano, oggi mescolate nel nostro Italiano Regionale di Sardegna.
Poi, mettendo in pratica il bilinguismo, la mente dei bambini si libererebbe da quello che più volte ho definito come “monolinguismo isterico italiano”.
Già, perché come mai in Italia si studiano le lingue straniere, ma nessuno le impara?
È tutta una questione di mentalità: il “monolinguismo isterico”, appunto, che impedisce l’apertura mentale necessaria all’apprendimento di altre lingue.
Occorre allora un piano generale di educazione linguistica che crei spazio per l’apprendimento del sardo, ma anche dell’italiano standard e delle lingue straniere: un progetto che partendo dalla presa di coscienza degli errori compiuti dall’istituzione scuola – non nascondiamocelo: la maggiore responsabile di questo sfacelo -, usi questa disponibilità finanziaria per correggersi e rimediare alle proprie colpe. La scuola italiana deve predere atto di aver sempre negato – almeno come istituzione – l’esistenza di un problema linguistico, in Sardegna e altrove. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi: la dispersione scolastica in Italia è la più alta d’Europa, e in Sardegna la più alta d’Italia.
E quello della dispersione scolastica è in fondo tutto un problema di comunicazione: la trasmissione di conoscenze tra docente e discente fallisce. Ridotto all’osso: un problema linguistico.
E non sto dicendo niente di nuovo. Sono cose già dette da Mialinu Pira nel 1978: la dispersione scolastica prodotta dallo scontro tra codici linguistici. E le hanno dette altri, per esempio Elisa Spanu Nivola e Maria Teresa Pinna Catte.
Ecco, questa delibera sembra mettere insieme tutte queste riflessioni, unendo l’introduzione del sardo nella scuola a obiettivi generali di progresso per l’istruzione nella nostra terra.
Apparentemente, almeno
Leggendo oltre, però, si vede che non solo queste riflessioni sono del tutto assenti, ma che manca anche qualsiasi altro progetto. Tutto ciò che si trova è questo: «Le risorse assegnate, nell’ambito dell’autonomia gestionale delle istituzioni scolastiche e quindi secondo le proprie specifiche esigenze, saranno utilizzate per il consolidamento delle competenze in ambito linguistico, logico, matematico, scientifico, in linea con i più recenti orientamenti ministeriali ed europei; per aumentare l’offerta formativa extra curricolo, aperta anche al territorio, con corsi di lingua sarda, di musica, di attività teatrali ed artistiche, di arti applicate; al fine di favorire l’integrazione scuola – territorio, rendere disponibili i locali e le attrezzature per protrarre l’apertura pomeridiana delle scuole».
Quindi quello di nuovo che ci si propone di ottenere con questi soldi (in tutto ? 29.000.000!) è il prolungamento dell’orario scolastico. In queste ore aggiuntive si potranno, fra l’altro, seguire dei corsi di sardo.
Ma, e qui l’asino casca davvero malamente, con quale materiale didattico si pensa di tenere i corsi e ottenere perfino questo modestissimo risultato? E quali sono gli obiettivi di questi corsi? E l’insegnamento contrastivo sardo-italiano con quale grammatica contrastiva si potrebbe svolgere? Come si pensa di coinvolgere il territorio – la scuola impropria di Mialinu Pira? Dove è il progetto politico di integrazione della lingua sarda nella scuola? E dov’è il progetto politico per risanare la fallimentare scuola italiana in Sardegna?
Silenzio. Coma profondo. Sonno della ragione che non mancherà di generare nuovi mostri.
La Regione, questa volta così prodiga, non ha mai speso un centesimo per la pianificazione linguistica, per sviluppare una propria politica della lingua.
E allora come potrebbe la scuola, che non ha mai brillato nell’impegno a favore della lingua sarda, rimediare a questa mancanza totale di strumenti, di idee e di volontà? Chi dovrebbe, per esempio, scrivere la grammatica contrastiva? E chi dovrebbe finanziarla?
Probabilmente si aspetta che sia nuovamente il volontariato a porre rimedio a questo vuoto. Nel mentre si buttano quattrini preziosi dalla finestra.
Come quei genitori distratti che riempiono le tasche dei propri figli devianti sperando che il denaro possa sostituire la loro mancanza di attenzione, la Regione foraggia alla grande – e, in fondo, premia – una scuola complice del massacro linguistico e scolastico dei sardi. Senza chiedere niente in cambio: neanche uno straccio di progetto.
Oltre tutto, ciascuna scuola agirà e spenderà in totale autonomia. Quel fiume di denaro viene disperso in mille rivoli inconcludenti.
Ecco spiegato allora il mistero delle mancate proteste dei sardofobi: non hanno niente di cui lamentarsi. Va tutto bene! L’importante è che la lingua sarda non venga finanziata.
E neanche questa volta è stato fatto. È pacifico che la maggior parte di quei milioni verrà diligentemente sperperata.
Complimenti davvero, Assessore!
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Isgàrrica s’artìculu: 2008-01-17 – RAS e pianificazione linguistica
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