Di Cristiano SEDDONE |
Fino a 15/20 anni fa la situazione economica si valutava, con poco margine di errore, valutando i cantieri aperti in giro per la città.
Se si costruivano case, si rifacevano strade, si aprivano nuovi cantieri pubblici la gente si sentiva addosso una sensazione positiva, vedeva nelle gru una prospettiva di crescita positiva per il proprio futuro e quello dei propri figli.
Un tempo una palazzina in costruzione era sinonimo di benessere comune e diffuso.
Oggi le cose non stanno più così, ma pare che soltanto i politici ed i palazzinari non l’abbiano ancora capito.
Dall’insediarsi della nuova Giunta della Sardegna non si parla altro che della disponibilità e autorizzazione di nuove volumetrie per tutto il territorio della nostra terra. Costruttori edili già all’indomani del risultato della vittoria della destra esultavano ad un futuro che prospettava nuove possibilità di sviluppo edile.
Però come ho detto all’inizio tempo fa questo avrebbe rallegrato tutti noi, oggi no.
Basta ascoltare i piccoli imprenditori e riflettere su ciò che dicono.
Oggi per esempio a Nuoro ci sono tantissimi metri cubi di cemento a disposizione di chi può e vuole edificare. Ma “stranamente” (per i politici non per me) non vengono utilizzati. Come mai si rinuncia a questa tanto attesa opportunità?
Un imprenditore ha risposto così: Che senso ha costruire se la gente non può comprare? Le case nuove costano troppo.
La soluzione più semplicistica sarebbe quella di abbassare i prezzi. Perché le case devono costare tanto?
Un Operaio specializzato prende di stipendio 1.000-1.200 euro mensili. All’impresa ne costa altri 1.800 di euro mensili. Questo porta ad abbassare il numero di operai per cantiere (oggi un Capocantiere + 2 Manovali lavorano mediamente per la costruzione di una nuova palazzina) ed aumentare la disoccupazione e la cassa integrazione, ma a dover tenere comunque alti i prezzi per recuperare le spese e per recuperare l’esposizione con le banche.
Allora aumentare le volumetrie non serve assolutamente a niente per la ripresa dell’economia Sarda.
Come proponeva iRS durante la campagna elettorale solo uno sgravio fiscale del 15-20% potrebbe riportare anche l’edilizia ad essere settore trainante dell’economia.
Ma la politica italo-sarda cosa spera di risolvere con questo tipo di sviluppo edilizio? Nuove costruzioni lungo le coste per far riprendere un settore ormai boccheggiante? Certo per chi ha una visione di breve termine, che non riesce a vedere al di là del proprio naso potrebbe essere una soluzione. Proviamo però a vedere la situazione che si creerebbe a lungo termine.
L’arrivo di capitali esteri (o dalle banche, poco cambia) permette ad un gruppo ristretto di imprenditori di poter costruire centinaia di case-arnie da rivendere a chi sogna una minicassetta (la doppia esse è voluta) dove trascorrere le amate vacanze in Sardegna, magari direttamente sulla spiaggia perché no?
La maggior parte verrà acquistata da chi ci passerà un mese, massimo 3 l’anno.
Il primo problema sarà quello di adeguamento da parte delle amministrazioni comunali di tutti i servizi. Un comune di 1500 abitanti durante tutto l’anno ma 5000 per 3 mesi d’estate dovrà adeguare rete idrica, fognaria (compreso depuratore), elettrica, ecc al carico massimo progettando le strutture per la punta massima. Questi costi chi se li deve accollare? La legge sul lusso serviva anche a quello, ma oramai è stata cancellata. Ora i comuni si rifaranno sui residenti perché non possono fare altrimenti.
I turisti che verranno a fare le proprie vacanze nella loro bella casetta sulla spiaggia dovranno mangiare? Ma i costi degli alimenti avranno prezzi alle stelle (come già avviene) per poter sopportare le spese maggiorate dei loro proprietari.
Allora i signori verranno in Sardegna in nave e si caricheranno la macchina di tutte le provviste necessarie, tagliando fuori anche i commercianti locali.
Inoltre per recuperare le spese affitteranno (sempre più spesso in nero) la loro casa per il periodo che rimane inusata da loro.
Ma allora questa corsa al mattone a chi giova? Ma sopratutto a chi danneggia?
Ancora una volta la visione del proprio futuro da parte della classe dirigente attuale si sofferma alla loro durata (vista l’età media).
Ma è questa la Sardegna che vogliamo lasciare ai nostri figli?
Un progetto edilizio a livello dell’intero territorio Sardo dovrebbe puntare al recupero dell’esistente e trasformarlo cambiandone magari la destinazione d’uso.
Alberghi diffusi, Bed & Breakfast, Hotel in ogni paese dell’interno accostandogli musei, laboratori e botteghe artigianali e tutto quanto possa venire in mente a livello imprenditoriale.
Snellimento burocratico della pratiche necessarie all’apertura di una nuova attività e incentivi per le zone interne.
Cultura scolastica ed imprenditoriale, per la realizzazione di uno sviluppo locale adeguato alle possibilità e alle opportunità.
Poche cose, ma coerenti col territorio. Ma una mente rivolta a Roma e Arcore può realizzarle?
Cristiano Seddone
Esponente iRS-Nùgoro
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Isgàrrica s’artìculu: 2009-03-24 – Nuova edilizia. A chi giova
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