L’isola in liquidazione. Il fallimento del polo industriale di Porto Torres

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30 aprile 2009

L’istanza di fallimento in proprio che il gruppo Vinyls Italia, nuovo proprietario degli stabilimenti chimici del gruppo a Porto Torres e ad Assemini, ha deciso di presentare oggi in tribunale è l’ennesimo fallimento delle promesse elettorali dell’attuale governo sardo e un nuovo esempio di mala gestione della cosa pubblica.

L’impegno che l’attuale governatore Cappellacci si era assunto è fallito ad opera dello Stato italiano.
Il gruppo che fa capo a Fiorenzo Sartor, a gennaio di quest’anno, si era interessato agli stabilimenti, stipulando un accordo con l’ENI e accordandosi sul prezzo delle materie prime che l’ENI stessa avrebbe dovuto fornire al prezzo di 77 euro alla tonnellata.
A febbraio, in campagna elettorale, Berlusconi e Cappellacci assicurarono l’impegno del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola affinché intercedesse presso l’Eni per assicurare la collaborazione statale sul buon esito della trattativa.
L’ENI, successivamente alle elezioni, comunicò che il prezzo della materia prima necessaria agli stabilimenti di Porto Torres ed Assemini sarebbe stato fornito al prezzo di 277 euro a tonnellata, cioè quasi quadruplicandone il prezzo concordato.
A queste condizioni l’impresa diviene improduttiva e la chiusura degli stabilimenti è l’ovvia conseguenza.

Tutto questo è inaccettabile perché mette in seria crisi l’occupazione della Sardegna intera e si va a sommare ad altre gravi situazioni che hanno disatteso totalmente le promesse della campagna elettorale:

1) il fallimento delle imprese del Sulcis, per le quali Berlusconi fece la famosa telefonata a Putin affinché intercedesse con il genero (proprietario dell’Euralluminia) per il mantenimento in esercizio delle attività industriali;
2) la cancellazione dei finanziamenti dei fondi FAS già stanziati per il risanamento ambientale e per la nuova arteria Sassari/Olbia, una delle strade più pericolose per l’alta incidenza di morti;
3) aver trombato tutti i politici sardi dopo le elezioni italiane senza un solo incarico istituzionale;
4) aver consentito l’illegale occupazione del deposito di Guardia del Moro;
5) aver deciso lo spostamento del G8 senza convocare il presidente della Sardegna come da Statuto;
6) aver disatteso la promessa del collegio sardo alle elezioni europee;

Considerando che l’attività lavorativa più remunerativa del governatore, in passato, è stata quella di curatore fallimentare di società in liquidazione, non si può che essere seriamente preoccupati. Scorrendo i risultati finora prodotti dal governo e guardando al desolante panorama di questa Sardegna in liquidazione si può stare certi che i sardi non torneranno a sorridere.
Questi fatti infine rendono ancora più evidente che, per i sardi, stare dentro lo stato italiano sta diventando giorno per giorno un supplizio economico e sociale di proporzioni allarmanti, che solo l’indipendenza e l’autodeterminazione potranno evitare.
È altrettanto chiaro che si deve procedere al risanamento ambientale e alla riconversione di questi stabilimenti. Stabilimenti che fra l’altro sono ormai palesemente improduttivi e superati da nuove forme di produzione meno invadenti verso l’ambiente e più attenti alla salute della popolazione.
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Isgàrrica s’artìculu: 2009-04-30 – L’isola in liquidazione. Il fallimento del polo industriale
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