12 febbraio 2010
Crisi del settore sughero in Sardegna
iRS propone una soluzione concreta in opposizione alla demagogia della Lega nord Gallura
iRS – indipendèntzia Repùbrica de Sardigna – prosegue nei suoi TzdA l’analisi della situazione economica dell’Isola per fornire risposte concrete ai problemi che stanno impoverendo e di conseguenza rendendo sempre più ricattabili dai partiti italiani le donne e gli uomini della nostra terra.
Il TzdA Anglona, uno dei centri di attività della nostra regione, all’indomani del convegno svoltosi a Calangianus, analizza la situazione di uno dei pochi mercati che in Sardegna può vantare una filiera completa, ossia il settore sugheriero. Dai dati raccolti, riferiti all’ultimo triennio, risulta un brusco calo di fatturato a cui è seguito un taglio proporzionale del personale, a dati aggregati medi di settore.
La crisi del comparto sugheriero non è data dalla sola crisi globale, ma da due variabili principali: “il ritardo strutturale delle PMI sarde” e “le politiche agricole e di tutela ambientale della regione”.
La soluzione non può essere la solita strategia protezionistica che incentiva le cantine locali obbligandole all’acquisto del prodotto sardo che non ha mai dato storicamente buoni risultati. iRS propone un intervento che non può prescindere dai seguenti punti: sovranità fiscale, politiche ambientali che nascano dal territorio con la tutela delle sugherete e il reimpianto in sostituzione delle varietà non autoctone frutto di errate politiche passate. Inoltre, incentivi alla certificazione di qualità di prodotto e di processo produttivo, incentivi all’aggregazione produttiva e di marchio unico potranno finalmente ridare slancio al prodotto locale. In due parole: sovranità e competitività.
Le analisi svolte relativamente alla condizione delle aziende che in Sardegna, ed in particolare nel nord dell’isola, si occupano dell’estrazione e della lavorazione del sughero parlano di un calo di oltre il 30% del personale impiegato nel triennio 2007-2009 nonostante le stesse coprano da sole il 90% del fabbisogno delle aziende vinicole italiane lavorando sull’intera filiera, dalla materia prima, al prodotto finito.
Nonostante l’inevitabile peso da attribuire infatti, anche in questo settore, alla crisi mondiale, iRS ritiene che siano le politiche portate avanti nell’ultimo ventennio dalle amministrazioni susseguitesi in Regione Autonoma la principale causa del crollo di fatturato delle aziende sarde.
iRS denuncia ancora una volta come fuorviante l’analisi che tende ad attribuire le colpe delle difficoltà del settore alla concorrenza del paese straniero di turno, per esempio il Portogallo, le cui imprese sarebbero in grado di inondare i mercati di prodotto low-cost, sbaragliando la concorrenza. Tutto questo è frutto della solita visione superficiale, con cui si preferisce dare la colpa all’esterno piuttosto che analizzare i veri fattori che influenzano la crisi.
Più opportuno sarebbe invece superare un problema di carattere antropologico tipico delle imprese del comparto gallurese e della Sardegna in generale portando avanti iniziative economiche di tipo associativo.
Le PMI portoghesi, per esempio, riuniscono la stragrande maggioranza delle imprese del settore sughero sotto un unico marchio, e con sistemi di certificazione standard, con tutti i vantaggi competitivi del caso, sia in termini di immagine che di costi. Dal punto di vista degli investimenti strutturali in gestione della qualità, è invece da registrare la difficoltà con cui le imprese sarde del sughero arrivano ad accettare l’applicazione di sistemi di controllo per la qualità del prodotto. Anche qui possono aiutare a capire le recenti statistiche di settore: oltre due terzi delle imprese che avevano una certificazione nel 2004 non hanno rinnovato o non sono riuscite a mantenere il sistema di controllo oltre il 2008. In alcuni casi si è preferito tagliare il costo della certificazione sacrificandolo con una dinamica simile ai tagli al personale dipendente.
La seconda variabile, indicata come “politiche agricole e di tutela ambientale della regione autonoma”, può essere sinteticamente spiegata con una serie di eventi infausti causati dalla nostra classe dirigente nell’ultimo ventennio.
Questo momento non potrebbe essere più propizio per riproporre l’analisi che evidenzia come le imprese che lavorano sughero in Sardegna producono circa il 4% della produzione mondiale. Aggregando i dati con l’oltremare italiano (Toscana, Sicilia, Piemonte), la produzione diventa (4 + 0,5) 4,5%. Quindi parlare di industria italiana del sughero è assolutamente superficiale e deviante, mentre ben più opportuno sarebbe parlare di industria Sarda del sughero.
Il modello di sviluppo della regione autonoma ha navigato a vista fino al 2003 e le politiche di forestazione degli anni ’80 (cui è seguito l’immobilismo dei ’90) hanno privilegiato l’industria cartaria (finita peraltro nel modo che tutti conosciamo) con l’invasione di impianti di eucalipti e pini silvestri in tutte le aree possibili della Sardegna. Il principale settore legato alle foreste in Sardegna, il settore produttivo che primeggiava in Europa, testa a testa con il Portogallo per tecnologia e qualità, ossia il settore del Sughero, è stato completamente ignorato dalle politiche regionali autonomiste per oltre vent’anni. La Stazione Sperimentale del Sughero (ora inglobata in AGRIS), è stata svuotata di ogni validità certificativa riguardo la qualità del prodotto, costringendo le imprese a dispendiosi appalti a enti privati italiani e multinazionali di certificazione. La riforestazione e la tutela degli impianti esistenti di sugherete è stata lasciata al libero arbitrio dei proprietari terrieri.
L’impianto di specie non autoctone quali eucalipti e pini, contemporaneo all’abbandono delle vegetazioni locali, può provocare il paradossale impoverimento dell’ecosistema sardo: la sughera ha importanti funzioni anti-desertificazione (vedere risultati di Marocco, Tunisia, Algeria), oltre che di eco-sostenibilità industriale (gli scarti di lavorazione vengono totalmente riutilizzati all’interno del distretto per altre lavorazioni, con risultato di rifiuti nulli).
Le politiche autonomiste hanno favorito l’utopia dell’industria cartaria per avere posti di lavoro immediati in un settore che non apparteneva al tessuto socio-economico sardo, come a suo tempo si fece per la petrolchimica, come per le industrie metallifere e pesanti in genere.
Queste politiche non hanno mai portato, e non avrebbero certo potuto portare, soluzioni reali, ma hanno addirittura creato una situazione per la quale si sono susseguite negli anni la crisi a Ottana (fallimento petrolchimica), l’inquinamento e la crisi a Porto Torres, le industrie a capitale straniero calate dall’alto (vedi Alcoa ecc.) e soprattutto una crescente disoccupazione ovunque.
La fuga delle multinazionali, a loro tempo incoraggiate all’investimento dalla stessa politica, sembra essere, senza neanche bisogno di un’analisi particolarmente approfondita o cervellotica, la preparazione del terreno alla proposta per i sardi, ormai alla disperazione, di risolvere i problemi con l’impianto nella nostra terra di una o più centrali nucleari.
La soluzione, quanto mai semplice, per evitare il ripetersi di questo scempio la propone iRS, grazie alla diretta osservazione del tessuto socio-economico locale, grazie al contatto diretto con le imprese e all’attenzione anche dell’aspetto umano che compenetra un settore produttivo tradizionale sardo. Le imprese sarde del sughero devono avere la possibilità di ritornare ad investire in innovazione, con sgravi fiscali e incentivi all’aggregazione di comparto. Il sistema fiscale italiano e autonomista opprime qualsiasi coraggioso tentativo di innovazione della singola PMI sarda. Sovranità fiscale è la prima parola d’ordine. Una Politica Ambientale che nasce dal territorio è il secondo aspetto di una soluzione immediata possibile: incentivi alla tutela della sughera, al reimpianto e alla riforestazione, alla pulizia delle piantagioni esistenti. Potenziamento delle competenze di analisi e certificazione della qualità di prodotto per l’AGRIS, ente chiave nella crescita del comparto, con tutti i vantaggi competitivi in termini di costo della certificazione per le imprese sarde del sughero. Perché l’aspetto che ci rende meno competitivi rispetto ai principali concorrenti Portoghesi non è il differente costo del personale dipendente, ma la cura della qualità di prodotto e l’efficacia delle politiche di settore.
Germano Marras
iRS Anglona