Sabato 22 gennaio 2011 nella cittadina del Marghine, il Consorzio industriale di Tossilo in liquidazione e dalla Tossilo SPA ha organizzato una tavola rotonda volta,
verosimilmente, a validare la scelta di costruire a Tossilo un nuovo inceneritore che viene ritenuto dannoso per la salute pubblica e del territorio da scienziati del calibro della Prof.ssa Gatti e dall’Associazione Medici per l’ambiente-ISDE che hanno studiato a fondo il problema e che non sono stati invitati, come del resto, inizialmente, anche il locale “comitato nonbruciamocilfuturo” ammesso nel pomeriggio a fare un interevento di 2 minuti. Le lunghe relazioni invece, spesso supportate da dati non aggiornati e riferiti a città e contesti territoriali ed economici di gran lunga differenti dai nostri, esposte dalla maggioranza degli esperti (di cui uno indagato per scorretta gestione dei sistemi di monitoraggio ambientale dalla Procura di Roma), chimici, ingegneri e medici, intervenuti alla tavola rotonda sembravano volerci convincere che incenerire decine di migliaia di tonnellate/anno di rifiuti non costituisca un rischio, addirittura secondo alcuni dati presentati, ci sarebbero più polveri ultrafini in cucina che vicino al camino di un inceneritore. Poco dopo un docente di Chimica dell’Università di Cagliari diceva di “aver fatto chiudere 2 inceneritori in Sardegna” per via delle emissioni nocive. Un buon esempio di volontà di rappresentare opinioni diverse o un invito a riflettere sulla neutralità della scienza?
Tralasciando le riserve tecniche che si potrebbero muovere al progetto in questione, iRS ricorda che esistono oggi diverse alternative all’incenerimento dei rifiuti, come ad esempio il vicino impianto di Tergu (che accoglie l’esempio di Vedelago-TV ), dove il rifiuto viene considerato “materiale post uso” e viene trattato bio-meccanicamente, senza combustione, nel centro di selezione.
La relazione più interessante è stata quella di Carla Poli- Vedelago della quale faccio una sintesi perché condivisibile sia nei presupposti culturali, no alla dilapidazione delle risorse e allo sviluppo come crescita senza limiti, sia nell’approccio, scientifico, che nel metodo democratico e partecipativo.
Come ha spiegato la Resp.le del Centro Riciclo di Vedelago, più che di uno stabilimento per il trattamento del rifiuto, si tratta di un laboratorio di sperimentazione nella gestione del territorio secondo i principi di economia e di ecologia nel quale sono coinvolte Pubblica Amministrazione, scuole, università, enti di ricerca, aziende e imprese di diversi settori e la cittadinanza che, insieme, contribuiscono a non sprecare bensì recuperare tutte le risorse contenute negli oggetti che usiamo quotidianamente, a promuovere e agire comportamenti e pratiche volti a produrre meno rifiuti possibile e a operare una seria e consapevole raccolta differenziata. Dopo la selezione e la trasformazione il materiale viene rimesso in circolo, sul mercato, assicurando proventi che coprono totalmente i costi di ritiro e conferimento della raccolta differenziata ai centri di trasformazione. Risultato: i cittadini non pagano per il trattamento dei rifiuti, perché c’è il riciclo e il riuso.
I materiali riciclati, che vanno da panchine, staccionate e arredo urbano in genere a canalette per fili elettrici e materiali per l’edilizia etc., sono frutto dell’incontro tra la ricerca scientifica e la tecnologia e le esigenze delle aziende e delle pubbliche amministrazioni che assicurano poi l’acquisto dei materiali prodotti, chiudendo così la “filiera del non- rifiuto”, agevolando la nascita di tante imprese e creando posti di lavoro, più numerosi di quelli previsti per un inceneritore ma con gradi di nocività per i lavoratori nettamente inferiore.
Questi sistemi alternativi risolverebbero il problema dell’inquinamento dell’aria e del terreno in quanto, non usando la combustione per il trattamento dei rifiuti, non producono diossine e nanoparticelle, che attraverso le essenze pascolative entrano nella catena alimentare compromettendo la qualità e la salubrità dei nostri prodotti, in particolare quelli di origine animale, contaminando persino il latte materno.
Come per la questione Quirra, si propone uno studio epidemiologico per verificare scientificamente la reale esistenza e la portata di queste problematiche sanitarie e ambientali di non poco rilievo per la salute pubblica e l’economia del territorio.
E’ arrivato per iRS il momento di fare delle scelte: vogliamo mantenere un ambiente sano per prevenire patologie tumorali e deficit del sistema immunitario; vogliamo incentivare l’agricoltura e l’agricoltura di qualità, valorizzare i nostri prodotti DOP, IGP, DOC, da agricoltura biologica e/o eco-compatibile, come previsto dalle nuove linee della CE, o preferiamo operare una scelta, come quella dell’incenerimento dei rifiuti, che andrebbe a danneggiare ulteriormente un settore già in crisi come quello agro-pastorale?
Quale futuro si intende programmare per il nostro territorio considerato che l’agricoltura e l’allevamento sono incompatibili con l’inceneritore? Dobbiamo rassegnarci a lavorare per ammalarci o si possono operare altre scelte?
Sono state tenute nella giusta considerazione le esigenze delle aziende agricole e di trasformazione agro-alimentare, quelle dei più di mille firmatari/aderenti al Comitato “Non bruciamoci il futuro” e della cittadinanza preoccupata per la propria salute?
iRS in riferimento a tutto ciò propone di sospendere la decisione di installare un nuovo inceneritore, di applicare il principio di precauzione visto che le ricerche sulla nocività per l’ambiente e la salute pubblica o non ci sono state o sono state insufficienti o discordanti, di prendere in considerazione gli esistenti sistemi alternativi all’incenerimento e di avviare in merito una consultazione con la cittadinanza, i lavoratori e le aziende che operano sul territorio prima di prendere qualunque decisione definitiva. Sarebbe utile e opportuno attivare un processo che renda possibile una valutazione collettiva, comunitaria, un confronto sulle differenti soluzioni possibili per affrontare costruttivamente la questione sia sul piano dell’investimento economico e delle ricadute occupazionali, che su quello della salute pubblica e ambientale. E’ necessario definire e condividere con tutte le figure interessate presupposti, obiettivi, metodi, regole e tempi per la conclusione del percorso da seguire per l’individuazione e l’attuazione di scelte importanti, per il presente e per il futuro. La tavola rotonda si è conclusa con l’annuncio, da parte dell’Amm. Comunale di Macomer, di un Consiglio Comunale aperto per discutere della questione con la cittadinanza che può diventare l’occasione per avviare un processo democratico di programmazione delle attività nel territorio.
iRS Nugoro