“Vent’anni di sperimentazioni nucleari a casa nostra, in Polinesia, hanno nutrito in noi una forte coscienza anticolonialista”.
Siamo lontani, ma anche molto vicini, noi sardi, alle suggestioni scaturite dalle parole di Keitapu Maamaatuaiahutapu, thaitiano della formazione politica Tavini presente alle Ghiurnate Internazionali di Corte in Corsica, che quest’anno festeggia i trent’anni di incontri.
Anche dall’analisi di Petru Poggioli di Corsica Libera si eleva un timbro familiare: i nostri popoli, sardo e corso, seppure così limitrofi, sono stati separati da due esperienze di sottomissione governativa, più feroce ed estensiva quella francese, più corrotta e circoscritta quella italiana.
In successione si alternano gli interventi di Barry Mc Colgan del Sinn Fein irlandese, di Xabi Larralde per i paesi Baschi, di Hocas Roch per i Kanaki della Nuova Caledonia, ma la lucidita’ espositiva, la semplicita’ dei concetti e la potenza di apertrura politica, la cogliamo chiaramente nella testimonianza di Alfons Lopez Tena, deputato del S I Catalunya, Solidarieta’ Catalana per l’Indipendenza, neonata sigla all’interno della quale convergono personalita’ dell’autonomismo e di Esquerra Republicana.
“In 60 anni, 140 paesi hanno raggiunto l’indipendenza, ognuno attraverso le proprie diversita': se l’Irlanda ha tralasciato il problema della lingua ed ha veicola to con l’inglese la spinta liberatrice, in Catalogna il 70% parla la lingua madre, perchè forte è stato l’investimento finanziario nella cultura, affinchè non venisse perso l’elemento nazionale tradizionale. Trent’anni di insegnamento del catalano che impariamo fino alle scuole secondarie e di abitudine alla trasmissione di tutte le discipline nella lingua d’origine, hanno rafforzato l’identita’ nazionale. La lingua quindi puo’ essere un fattore fondante, ma non necessariamente operativo”. Procede Lopez Tena ” da una democrazia è difficile avere una indipendenza, la democrazia ha tendenza alla continuita’ e ogni tendenza puo’ farsi governo, cosi’ la democrazia ha bisogno ogni volta di costruire una maggioranza perchè si realizzi un’oppressione che non sembra egregia, ma di fatto lo è”.
In Catalogna si sono svolti sei referendum non ufficiali sull’indipendenza, il primo il 13 Settembre 2009 ad Areny De Munt, l’ultimo nell’Aprile del 2011 a Barcellona, con risultati eccellenti, in considerazione soprattutto del fatto che per Costituzione non esiste l’istituto referendario per cui tutti i referendum sono consultivi. ” E’ la gente che li ha organizzati e tutti indistintamente hanno partecipato. Non abbiamo fatto differenze tra noi e gli immigrati, li abbiamo accolti come catalani ed hanno avuto diritto al voto consultivo. Noi abbiamo chiesto una libera espressione, SI o NO, senza pilotaggio, nonostante la reazione spagnola si sia manifestata su tutti i livelli, dalle censure dei mezzi di comunicazione, alle vie giudiziarie, alle minacce di destituzione ai sindaci. Quindici giorni prima con una Roda De Premsa a Madrid, abbiamo avvisato tutta la stampa estera e le televisioni. Da “Le Monde”, al “Corriere della sera”, a “Liberation”, i quotidiani hanno sottolineato il discorso democratico che la Catalogna stava inaugurando. Non distante da Barcellona, a Malla, il vescovo ha permesso che nell’altare di una chiesa romanica ci fosse l’urna elettorale ad alternarsi alle messe”.
Alfons Lopez Tena sorride quando riporta il discorso del Generale Mena alla festa spagnola in memoria della conquista di Minorca, nel diciottesimo secolo, tolta agli inglesi. Dal palco del Palazzo Reale a Madrid, il pluridecorato diceva che se i politici non avessero messo fine alle rivendicazioni catalane, lo avrebbero fatto l’esercito e il Re, ottenendo l’approvazione dello stesso, del Presidente governativo e del Ministro della Difesa. Un putiferio politico, ricorda il deputato, travasato nel “New York Times” con il titolo di “TROGLODYTES”, Spagna troglodita e infine con la destituzione del Generale Mena.
” Con i referendum abbiamo colpito gli interessi spagnoli, ma noi neghiamo il conflitto con loro, sono loro che lo alimentano, per questo è importante oggi accentuare la differenza tra NOI e LORO, come tra i BUONI e CATTIVI ed è determinante ora portare l’offesa oltre le frontiere”.
Tutti i popoli oppressi hanno la stessa prosodìa, lo stesso vocabolario, tutti, anche se distintamente, costruiscono nei luoghi una medesima dinamica, un solo cantiere politico, per divenire sovrani del proprio destino.
“Ci vuole una solida maturita’ politica per accordarsi sui punti di risposta pratica ai bisogni generali”, sostiene Jean Guy Talamoni, deputato di Corsica Libera, “bisogna cercare una via comune anche se esistono approcci differenti su certi temi, bisogna avere coscienza di quelli sui quali non siamo d’accordo e concentrarci sugli altri”.
Le elezioni corse del 2014 sono vicine, ancora di piu’ quelle francesi del 2012, quelle sarde attendono formulazione di una spinta anticipatrice di chissa’ quale autonomismo federalista, specchio di mancanza di coraggio e di radicali scelte sociali.
“La crisi sarda è artificiale”, sono le parole di Gavino Sale che snocciola la quantita’ di crediti che i sardi vantano sull’Italia e l’offensiva di una penisola in default sordo che ci aggredisce con le tenaglie di Equitalia, ci circonda di servitu’ militari, ci taglia cultura e trasporti, ” come gli africani anche noi siamo poveri perche’ non siamo liberi” e chiude con uno straordinario cambio di strategia politica che in dettaglio il popolo di iRS discutera’ nella Festa Manna di Settembre.
L’indipendentismo sardo, presente nelle tre giornate di confronto politico, una cosa l’ha gia’ capita: mettersi nel non conflitto interno, come abbiamo fatto, è prioritario, ci vuole maturita’, pratica, presenza, rispetto, confidenza, coabitazione, dialogo e ricerca di convergenze le plus rapidement possible, perchè questo bue squartato, non piu’ in grado di condurre il giogo coloniale, dara’ esibizione dei suoi meccanismi piu’ infidi, mostrando le viscere del sussulto finale, e li’, davanti alle cravatte in disordine, dobbiamo trovarci tutti pronti. Femu a Corsica, femu a Sardigna, sigheus fintzas s’indipendentzia!
Bettina Pitzurra responsabile politica iRS
Castedhu