Sardegna: Vida o Morte

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Sessant’anni di una crisi multidimensionale, totalizzante, cronica che ha per oggetto e vittima la Sardegna, il suo Popolo, ci porta ad affermare che l’esperienza autonomistica, la sue ricette digovernance, la sua classe dirigente siano da ritenersi, con giudizio certo e lucido, lontane dal garantire il benessere morale e materiale della nostra Nazione. La dinamica amministrativa dell’autonomismo è stata sconfitta dalle sfide della modernità globalizzata, accentuando l’asfissia economica, la provincializzazione intellettuale, la ghettizzazzione sociale delle genti di Sardegna.

L’attuale contingenza di empasse mondiale del sistema capitalistico, prossimo a implodere nelle sue contraddizioni, è ulteriore zavorra sulle spalle di un’Isola sofferente, ma non causa principe delle sue estese difficoltà che affondano le loro insane radici nell’iniquo patto di sudditanza che intercorre tra dominato e dominante, tra periferia passiva e centro attivo, tra Cagliari e Roma.

Il mito aureo di un presunto decentramento felice è, dunque, distorsione del reale, revisionismo storico e pura propaganda di regime. L’autonomismo è viziato fin dalle sue origini, non si è corrotto in itinere, essendo garanzia di sottomissione, formalizzazione della superiorità della componente peninsulare nelle relazioni Sardegna – Italia, attraverso l’abdicazione dell’ identità nazionale sarda in favore di un mendace progresso economico e spirituale migliorativo di taglio italocentrico. Può un tale modello istituzionale determinare un avanzamento positivo delle nostre sorti?

Si, fratelli sardi, la ragione fondante che lega tutte le realtà particolari di disagio, di sofferenza, di non – senso della nostra socialità contemporanea sono riconducibili a quel patto di rununcia alla vita, di desiderio di morte : l’autonomia. Senza un’analisi comparata, logica delle concretezze specifiche rischieremo di perdere di vista il filo rosso che lega tutte le negatività sperimentate in mezzo secolo di vita isolana : la subordinazione all’Italia. Privi di questo lume, ogni strato della società brancolerebbe nel buio della propria specificità, dove il pastore protesterebbe unicamente per il prezzo del latte, il cassintegrato per la riapertura del proprio stabilimento, il pignorato per rimpadronirsi della propria casa. E’ pertanto compito dell’indipendentismo sviluppare una filologia del reale, offrire una chiave di lettura degli avvenimenti sparsi ed apparentemente distanti.

Oggi siamo giunti ad un punto di non ritorno. Davanti a noi, Popolo Sardo, si trova un bivio storico, esistenziale, decisivo : vida o morte, in un aut – aut che esclude ripensamenti ed indietreggiamenti. iRS, nell’attuale congiuntura, non si propone unicamente come alternativa nel mercato partitico ma, bensì, è conscia della valenza salvifica del proprio ruolo nella società civile sarda nella dinamica della lotta non – violenta. Amici, qui non si tratta più di scegliere tra  PD e PDL ed iRS. Qui si tratta di decidere se vivere o morire.

L’assalto studiato, premeditato al tessuto produttivo sardo, l’embargo dei trasporti, l’azione erosiva, feroce del credito di stato, il genocidio silenzioso, occulto, perpetrato dalle servitù militari sulla pelle dei nostri cittadini sono attributi, manifestazioni del principio di morte, dell’autonomismo, fenomenologia della soggezione all’Italia, le cui priorità strategiche divergono palesemente da quelle della Sardegna. “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”, laddove fanno il deserto la chiamano pace.

Ogni male ha la sua medicina. La sovranità si impone dunque come scelta obbligata, come percorso catartico di liberazione dell’immaginario e del contigente, come via maestra verso la vita vera nella riappropriazione di se stessi e della dimensione comunitaria di Popolo. Sta a noi scegliere. Ite faghimos? Cherimos biver o morrer?

Antoni Flore

iRS Esecutivo Natzionale /vice sindaco di Scano Montiferro

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