Sempre più spesso si sente commentare da influenti personaggi politici e da giornalisti di spicco il continuo crescere del perscorso indipendentista come una minaccia.
Questo dato mette in evidenza due aspetti:
1) L’indipendentismo non è più un gruppo di persone “simpatiche” ma innocue politicamente.
2) I partiti italiani stanno percependo questa crescita come una minaccia per loro stessi.
E meno male, oserei dire, dopo 60 anni di bugie e di errori madornali che stiamo pagando a caro prezzo, mi sembra quanto di pù logico possa accadere. Il popolo sardo sta cominciando a valutare la politica indipendentista come un progetto di governo credibile e affidabile. Il lavoro che si sta compiendo in questi mesi ne è la prova.
Alla doverosa mobilitazione di piazza si sta affiancando una precisa e puntuale progettualità politica , alla protesta segue logicamente la proposta.E allora succede che la Consulta dei Movimenti , proponga la mobilitazione trasversale delle categorie in crisi della Sardegna e denunci le malefatte del Banco di Sardegna e della Sfirs , che , supportata dall’Unione Europea, pretenda al Governatore Cappellacci di predisporre il sequestro delle cartelle esattoriali e denunci i contratti e i mutui illegali compiuti dagli anni 80 in Sardegna e che hanno letteralmente messo in ginocchio l’intero comparto agro -pastorale e questo non rappresenta solo l’aver calpestato una porzione fondamentale della cultura nostro popolo, ha significato anche l’aver piegato uno dei cuor pulsanti dell’economia dell’isola.
Scendendo nello specifico, domenica 19 Febbraio l’editoriale dell’Unione Sarda firmato da Paolo Figus, ci offre un’accoglienza a denti stretti per il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, Figus stesso ammette che l’autonomia in Sardegna ha le sue enormi lacune e sottolinea le responsabilità di una classe politica inadeguata: …”Certo, la pur larga, ma comunque insufficiente, autonomia non è stata gestita al meglio dalla classe politica sarda degli ultimi sessant’anni…”
Figus, ammette quindi, l’esistenza di una “Questione Sardegna” che differisce profondamente dalle problematiche italiane e riconosce come l’indipendentismo si stia diffondendo nella base , egli però la vede come una sorta di “minaccia”, non cerca una soluzione radicale e definitiva, tampona l’emorragia con gli stessi strumenti che hanno provocato la ferita , come se a un paziente a cui venga diagnosticata una malattia grave , gli venga prescritto un calmante per il dolore e non il intervento chirurgico risolutore. Figus dice : …”Noi ci faremo carico delle nostre responsabilità, consapevoli tuttavia che il contributo fornito all’unità prima e per il suo mantenimento e la sua tutela poi, ci qualifica in un solo modo: creditori.
E, come si sa, il debito prima o poi va estinto, pena il diffondersi, perché già rinato, di un sentimento indipendentista che mal si concilierebbe col sentimento unitario nazionale così pervicacemente ed efficacemente difeso da Napolitano”, ciò che Fugus chiama “pena” per noi si chiama “speranza”, o meglio la “chiave di volta” che può garantire per il popolo sardo- finalmente- benessere e prosperità.
Ma non è stato solo Paolo Figus a parlare di indipendentismo. Anche il sindaco di Cagliari Massimo Zedda l’ha fatto nel suo discorso a Napolitano, egli dice : …”Pur nell’imperversare dei revisionismi – in sede storiografica, politica e persino cinematografica – ed anzi, proprio a fronte delle rivisitazioni del Risorgimento in chiave ipercritica e nostalgica dei bei tempi che furono, o che sarebbero stati, al Nord come al Sud e nelle Isole, prima dell’Unità d’Italia, noi ci chiediamo, e non possiamo non chiederci: ma davvero saremmo oggi più liberi e più forti, e meglio attrezzati a far fronte ai gravi problemi che derivano dalla crisi e dal “ mondo grandee terribile “, se fossimo ancora oggi, per dirla con il poeta, “ un popol diviso per settedestini, / in sette spezzato per sette confini “ ?Credo si possa rispondere di no…”
In questo passaggio Zedda mette le mani avanti, quasi a difesa di un magma che sotto i suoi piedi ribolle e aspetta solo il momento opportuno per eruttare e prendere il suo posto naturale nella superficie. Di cosa ha paura Zedda? L’indipendentismo non vuole chiudersi , al contrario, vuole finalmente aprire la Sardegna al confronto con le altre Nazioni, vuole interloquire in prima persona con l’Europa , non come adesso che, col collegio unico con la Sicilia, abbiamo un solo rappresentante a Bruxelles per gentile concessione dell’Italia dei valori. Ricordiamo al Sindaco che Malta , che ha un quarto degli abitanti della Sardegna , ha diritto a 5 rappresentanti.
In tutto questo il dato politico da sottolineare è che citare, denigrare , sminuire l’indipendentismo è un chiaro segnale di come ciò che tempo fa era solo uno “scherzo”, ora sia diventato un progetto politico definito, allargato e programmato.
Starà al popolo sardo scegliere a chi dare fiducia, a chi per decenni ha contribuito alla nostra arretratezza o chi dà una speranza di rinascita ma con i piedi ben piantati a terra, noi non parliamo di sogni, parliamo di costruire, veramente, una nuova realtà. L’indipendentismo non deve rappresentare “l’ultima spiaggia” a cui appellarsi in un momento di disperazione, al contrario, dev’essere una scelta lucida e consapevole che mette al centro l’azione piuttosto che la subordinazione. Abbiamo bisogno di una casse delle entrate sarda, di stimolare il mercato interno defiscalizzandolo e limitando le importazioni che oggi sfiorano l’80% , di gestire in prima persona gli utili ricavati dalle energie alternative, di puntare seriamente su un turismo intelligente che porti indotto tutto l’anno, di migliorare la rete infrastrutturale, insomma, tutto questo e molto altro ancora si riassume con una sola parola: Sovranità, è da qui che dobbiamo ripartire per tornare ad essere i protagonisti della nostra storia, per farlo ci vuole forza e consapevolezza e oggi, sempre più persone, sentono di averla.
Essere, esistere, è una scelta coraggiosa, dipendere e sottostare alle decisioni altrui è più semplice ma mille volte più mortificante e avvilente.
Oggi dobbiamo avere il coraggio di essere gli artefici del nostro destino, oggi, più che mai, dobbiamo avere il coraggio di essere. Chi ha paura di questo? Noi , decisamente no.
Claudia Aru
iRS – Esecutivo Natzionale