Giovanni è un giovane insegnante che lavora da qualche tempo negli Stati Uniti. Ha voluto contattarci per raccontarci la sua storia, spiegando come attraverso alcune esperienze di vita all’estero ha maturato una nuova visione per la Sardegna.
“Sono figlio di genitori sardi, mamma campidanese e padre logudorese. Nasco a Roma dove vivo sino all’età di 12 anni. Il rientro in Sardegna non è stato dei più semplici, adattarsi ad un paese piccolo vicino a Sassari non è stato per niente facile. Ma è proprio lì che rifletto sulla mia identità sarda che quando vivevo a Roma sembrava volessi dimenticare. Sentivo sin da piccolo dei velati pregiudizi verso i sardi e cercavo di integrarmi il più possibile all’interno della comunità del quartiere romano in cui vivevo. Inconsciamente non volevo sentirmi etichettato come sardo. In Sardegna, d’altro lato, non ero considerato completamente sardo, per via del fatto che non ero cresciuto lì.
Frequento il liceo e l’università a Sassari e nonostante io ora sia in Sardegna qualsiasi riferimento alla cultura, alla storia e la lingua sarda pare bandito. Ogni richiamo alla Sardegna e alle sue tradizioni era di solito concepito in chiave folkloristica o di derisione. Ma si sa, la scuola deve seguire direttive ministeriali in cui non c’è spazio per la nostra storia, la nostra cultura e la nostra lingua o una riflessione sulle nostre origini.
Nel 2002 parto alla volta dell’Inghilterra per il progetto Erasmus, al rientro in Sardegna inizio un contratto a progetto che dopo un anno si interrompe. Da allora ho sempre fatto la spola tra la Sardegna e vari paesi europei, tra i quali la Svezia, la Germania, la Francia, la Spagna. Ottengo una borsa di studio “Master and Back” che mi permette di completare un master in Politica Europea, ma la parte del rientro si rivela completamente inesistente e fallimentare. Continuo con dei lavori a progetto che non mi permettono la piena autosufficienza, anche perchè i pagamenti vengono effettuati molti mesi dopo la fine delle collaborazioni.
Nel 2009 amplio i miei orizzonti e mi muovo alla volta degli Stati Uniti per frequentare un Master in Studi Italiani che mi permette prima, di diventare assistente di italiano a Seattle e poi, lettore alla Syracuse University, nello Stato di New York. I miei rapporti con la Sardegna continuano durante le vacanze in famiglia, attraverso i contatti con gli amici e si approfondisce anche la mia riflessione sulle mie radici e sulla mia identità. Inizio a chiedermi quale cultura mi rappresenti al meglio e comincio sempre più a distaccarmi dalla visione di me stesso come italiano. Non sento più una condivisione di pensiero e di cultura con gli italiani che incontro all’estero; loro spesso non riescono a concepire il fatto che io possa sentirmi non italiano. Ma d’altronde della Sardegna si sa poco al di là dei clichés e dell’immagine patinata della Costa Smeralda. Inizio a cercare l’essenza della Sardegna, quella vera, raccontata in sardo dai miei nonni. La riscoperta della mia identità passa attraverso lo studio della storia, della cultura e della lingua sarda. In me si evidenzia sempre più chiaramente come il popolo sardo sia stato colonizzato non solo fisicamente ma soprattutto culturalmente, attraverso un’assimilazione spesso forzata dell’italianità che ha prodotto una grave perdita di identità.
La drammatica situazione economica italiana ha acuito tremendamente i problemi già gravi nell’isola. Vedo molta desolazione tra i giovani sardi rimasti in Sardegna, ormai rassegnati alla cronica mancanza di lavoro, privi di una identità definita e spesso desiderosi di conformarsi a ideali, desideri, tendenze estranee alla nostra cultura. Sempre più giovani sardi abbandonano gli studi e aumenta la dipendenze da alcool e droga. Chi ha potuto è partito e al momento non ritorna in una terra ricca ma devastata dal mal governo e da sardi che non hanno a cuore la Sardegna. La cronaca recente delle devastazioni prodotte dagli incendi, evidenzia le inadeguatezze del governo italiano e regionale nella tutela del nostro territorio, continuamente saccheggiato e devastato. Per far fronte a questa situazione drammatica ho deciso di cercare di collaborare più attivamente ad una rinascita della nostra terra che ci permetta di vivere liberi da condizionamenti, sudditanze e in piena indipendenza.
Al momento, sono lontano dalla Sardegna, ma questo non significa che non possa dedicarmi al riscatto del nostro popolo; per questo vorrei creare una rete di sardi che vivono negli Stati Uniti che come me hanno a cuore gli ideali di libertà e riscatto per la loro terra.”
Giovanni