Sono trascorsi quasi tre mesi dalla drammatica giornata del 18 novembre, quando la Sardegna si è trovata a dover affrontare l’alluvione che ha colpito numerose comunità dell’isola.
Nei giorni immediatamente successivi al disastro nessuno ha potuto fare a meno di notare quanto si fosse diffuso tra i sardi un senso di commozione generale per quello che era accaduto. Ancora più evidente è stato constatare quanto la nostra gente sia stata capace di prodigarsi attraverso azioni concrete di aiuto e solidarietà nei confronti delle popolazioni colpite. Per certi versi è persino sembrato che un sentimento nazionale sopito nel tempo e offuscato da retaggi e luoghi comuni che ci vorrebbero eternamente divisi, si fosse risvegliato proprio di fronte ad una grave situazione di emergenza e disagio.
Oggi questo fermento collettivo è un ricordo lontano ed è incredibile che siano passati appena ottanta giorni da quel tragico evento. Anche la campagna elettorale sembra aver abbandonato la questione della ricostruzione e della riparazione dei danni la cui stima si aggira ormai intorno ai 650 milioni di euro.
Case private, aziende, scuole e un’infinità di infrastrutture viarie e ferroviarie, idriche ed elettriche che necessitano di interventi urgenti. Si contano circa 100 milioni di danni alle attività produttive, di cui 56 milioni solo per le aziende agricole.
Ed oggi sono proprio le aziende private gli enti che pagano più drasticamente le conseguenze derivanti dall’assenza dell’arrivo degli interventi promessi da tempo ma anche per l’incapacità manifesta di una macchina organizzativa regionale che non è mai riuscita a coordinare i tanti aiuti che sono arrivati.
A queste mancanze si aggiunge la beffa più grande che appare come un colpo di grazia definitivo per chi ha perso tutto e non ha che la propria forza di volontà per risollevarsi.
Pare infatti che la moratoria concessa dal governo italiano peri privati che operano all’interno dei sessanta comuni dichiarati “alluvionati”sia ormai giunta al capolinea e niente sembra far credere che ci possa essere una proroga.
Pertanto dopo poche settimane il Ministero delle Finanze emette una sentenza di morte per chi sta cercando di ripartire. Questo è quanto riportato dal Decreto Legge numero 151del 30 dicembre 2013 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.Intanto i consulenti fiscali stanno già inviando ai propri assistiti una comunicazione che recita così:
“In base al decreto legge del 30/12/2013 n.151, le scadenze sospese devono essere saldate dal 24/01/2014 con tempo massimo fino a il17/02/2014; superato tale periodo verranno applicate sanzioni interessi.”
Il decreto legge a cui si fa riferimento è il “mille proroghe”. In appena due mesi quindi, senza aver ricevuto ancora nessun fondo di aiuti, queste aziende e questi imprenditori avrebbero dovuto fare il miracolo di ricostruire tutto e di riprendere a produrre in un territorio devastato dall’alluvione. Davvero una pretesa enorme, se si tiene conto che il nostro territorio paga le conseguenze di una crisi aggravata dall’assenza di un governo regionale che non ha mai saputo, per incapacità e negligenza, avviare una programmazione del settore industriale e agroalimentare, magari ripartendo dall’ancora irrisolta questione delle mancate entrate fiscali. Vertenza cominciata dalla precedente giunta di centro sinistra e abbandonata completamente dall’attuale amministrazione di Ugo Cappellacci su cui pesano le responsabilità più grandi, conseguenza di un continuo atteggiamento di totale asservimento e subalternità durante tutti questi ultimi cinque anni e ai quali è arrivato necessariamente il momento di mettere la parola fine.
iRS indipendèntzia Repùbrica de Sardigna
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