Abbanoa S.p.a. oggi è al centro di un polverone, tra indagini della magistratura, accumulo di debiti, tubature colabrodo e ultimo il deposito cauzionale.
Abbanoa S.p.a. sta già addebitando sulle bollette di migliaia di cittadini il deposito cauzionale di circa 50 euro, ma in alcuni casi arriva a toccare anche il doppio di questa cifra.
Secondo i dirigenti di Abbanoa S.p.a., il deposito cauzionale sarebbe giustificato dall’esigenza di coprire eventuali insolvenze. A chi chiede spiegazioni, e oggi chi le chiede è la Guardia di Finanza, Abbanoa risponde che tutto è stato fatto secondo le norme.
Per quanto riguarda l’applicazione della nuova tariffa con effetto retroattivo, che ha permesso ad Abbanoa di rimettere il bilancio in linea di galleggiamento, oggi indaga l’antitrust.
L’attività di Abbanoa e’ stata caratterizzata, fin dalla sua nascita, da una gestione disastrosa che ha provocato un’infinità di disservizi. É di ieri l’ordinanza del vicesindaco di Sassari Gianni Carbini che recita: “l’acqua non è idonea al consumo umano diretto e per la preparazione degli alimenti”. Dai controlli compiuti dal dipartimento di Prevenzione – servizio Igiene degli alimenti e della Nutrizione della Asl è emerso che l’acqua della condotta, per l’ennesima volta, non è conforme ai parametri chimici (alluminio, manganese, ferro) oltre che per colore e torbidità. Questo in alcuni paesi della Sardegna è la prassi.
L’acqua non è potabile ma il prezzo del servizio idrico rimane immutato.
Abbanoa Spa, che conosce bene la legge quando deve riscuotere crediti, dovrebbe sapere, come abbiamo segnalato più volte, che esiste un provvedimento n. 26/75 del CIP (Comitato Interministeriale Prezzi) che all’art. 13 stabilisce un limite del 50% del prezzo relativo alle forniture di acqua per ogni uso quando la fornitura abbia per oggetto acque idonee solo agli usi igienici; alcune pronunce giurisprudenziali hanno già condannato gli enti gestori alla restituzione della metà dei canoni percepiti indebitamente; è vero infine che l’erogazione di acqua non potabile – senza naturalmente che ciò sia reso noto all’utente e sia oggetto di un apposito accordo – rappresenta un illecito amministrativo, sanzionato con diverse misure pecuniarie dall’art. 19 della L. 31/2001 (che ha recepito la disciplina dell’ormai abrogato D.P.R. 236/88).
Secondo la giurisprudenza, se il Comune o l’ente gestore fornisce acqua non potabile perché inquinata si considera inadempiente. In tal caso l’utente ha diritto alla riduzione del corrispettivo dovuto per il consumo: in pratica, uno sconto sulla bolletta.
Una diversa decisione ha considerato la somministrazione di acqua non potabile un inesatto adempimento del contratto di fornitura, tanto da consentire all’utente di chiedere uno sgravio del canone per il periodo di mancata utilizzazione dell’acqua, oltre che al risarcimento dei danni per responsabilità contrattuale.
Infine, una più recente sentenza ha chiarito che il cittadino ha diritto a chiedere il dimezzamento del canone mensile da corrispondere al fornitore e, nello stesso tempo, una somma a titolo di indennizzo per il disagio (come quello di aver dovuto acquistare, al supermercato, l’acqua potabile).
Pertanto, in caso di fornitura di acqua non potabile Abbanoa dovrebbe decurtare la tariffa del cinquanta per cento, come prevede la legge, ma invece si continua a far pagare il servizio a prezzo pieno: 1,38 euro a metro cubo nella fascia media cioè quella con consumi compresi tra 141 e i 200 metri cubi annui.
iRS invita l’amministrazione comunale a tutelare i cittadini, che davanti a situazioni di questo tipo si trovano indifesi, provvedendo a richiedere all’ente gestore Abbanoa S.p.a. il decurtamento della bolletta per tutto il periodo in cui, contravvenendo al contratto stipulato con gli utenti, lo stesso fornisce acqua non potabile.
iRS – indipendentzia Repubrica de Sardigna