Il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, affiliata alla British Petroleum, è stato il disastro ambientale più grave della storia americana. Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio che ancora galleggiavano sulle acque di fronte a Louisiana, Mississippi, Alabama e Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi chilometrici sul fondale marino.
A seguito dei procedimenti legali intentati da Louisiana, Mississippi, Texas, Florida, Alabama e dal governo federale Usa, la compagnia britannica pagherà 18,7 miliardi di dollari in un arco di 18 anni per i danni arrecati. Si tratta di un accordo di portata storica, sia per la l’entità dell’indennizzo sia da un punto di vista giurisprudenziale in quanto, per l’ennesima volta, è stato asserito un essenziale principio: chi inquina paga.
Questa vicenda dovrebbe essere di lezione a chi, in Sardegna, dopo decenni di contaminazione del territorio non hai mai risarcito per i danni causati. Da Porto Torres fino al Sulcis l’Isola è una delle aeree più inquinate d’Europa. Ciononostante risanamento, bonifiche e riconversione economica sono state, fino ad ora, solo parole al vento.
Nell’area industriale di Porto Torres è stato sequestrato dal Noe il deposito di rifiuti radioattivi di proprietà della Syndial (Eni), contenente 7mila tonnellate di rifiuti radioattivi. Le ipotesi di reato contestate a tre dirigenti della Syndial sono quelle di disastro ambientale ed esercizio di discarica abusiva.
iRS nel 2003 mostrò lo scandalo della discarica di Minciareddalo, passata successivamente alle cronache come la “Collina dei Veleni”. Sette anni dopo, e in seguito a decenni di inquinamento, non si è realizzato ancora nulla per risanare le zone contaminate, quando basterebbero 1,5 miliardi di euro per ridare speranza ad un intero territorio. Nonostante ciò è venuto fuori, attraverso le indagini della magistratura, uno scenario ancora peggiore: la presenza di agenti radioattivi. Una condizione intollerabile e vergognosa.
La questione delle bonifiche non può più essere rimandata. Da ormai dodici anni assistiamo a passerelle dell’Eni che fino ad oggi ha presentato progetti che sembrano solo goffi tentativi di truffa per non attuare le bonifiche. La classe dirigente deve prendere una posizione forte che metta finalmente l’Eni con le spalle al muro e la costringa a stanziare i soldi per le bonifiche.
Oggi più che mai serve un cambio di passo che restituisca dignità e orgoglio a tutte le vedove che hanno visto i loro mariti morire di tumore, alle madri che hanno visto i loro figli ammalarsi, agli ex lavoratori che sono senza lavoro e che sono stati usati come scudo per avallare progetti farsa come la Chimica Verde ed alle persone che sono vittime della devastazione portata dall’Eni e che fino ad oggi si sono sentite impotenti di reagire. Tutte quante vittime di una brutale ingiustizia.
Il principio “chi inquina paga” non vale solo negli Stati americani, ma anche in Sardegna ed è in questo sendo che la classe dirigente sarda deve prendere una posizione forte che metta finalmente l’ENi con le spalle al muro e li costringa a bonificare e quindi a rispettare la legge.
Rilanciamo la proposta affinché venga costituito un Comitato Civico di Controllo, che segua e controlli attentamente tutta la fase delle opere di bonifica, e che al suo interno abbia una reale rappresentanza dei cittadini e che sia capace di attuare una completa trasparenza, al fine di evitare che il controllore sia il controllato come è avvenuto fino ad ora.
iRS – indipendentzia Repubrica de Sardigna