Ecco che anche quest’anno, come ogni anno, puntuali come una disgrazia, arrivano a mezzo stampa i consigli non richiesti del miliardario Flavio Briatore, che dal pulpito del suo locale per ricchi viziati, sciorina al Popolo Sardo consigli non richiesti su come vivere, come fare turismo, come promuovere la Sardegna, come amministrare il territorio, fino ad improvvisarsi casaro e dare consigli su come fare il formaggio e ancor peggio su come fare i pastori.
A prescindere dalla questione Corona Virus e dalla polemica che ha visto questo signore insultare il Sindaco di Arzachena, la cosa davvero insopportabile è la saccenza e l’arroganza con la quale costui periodicamente si rivolge ai Sardi. Con quell’atteggiamento beffardo e ignorante di chi pensa di sapere tutto e guarda gli altri dall’alto in basso. Anche chi lo ospita.
In Sardegna c’è un detto antico che recita: “Lassalu perdere ca no balet a nudda proite no ischit nemmancu inue est fichidu” ovvero “lascialo perdere perché non vale niente in quanto non sa nemmeno dov’è”. Questa è l’impressione che mi dà il signor Briatore ogni volta che apre bocca, quella di uno che non ha capito bene dov’è.
Quella di uno che della cultura e della storia del Popolo Sardo non sa niente e vi si approccia con la medesima espressione intontita di quelli che guardano i palestinesi e pensano “beh.. hai mai visto una maglietta made in palestina?”. Quell’espressione compiaciuta di chi è appena uscito da un letto e si controlla il portafoglio ancora pieno. Briatore è un po’ così con i Sardi e con la Sardegna, li vorrebbe aiutare poverini, fare da fratellone maggiore che la sa lunga. Si sente un po’ uno skipper impaccato di sponsor che vuole insegnare ai genitori anziani che i soldi non si fanno sulla terra ferma.
E poi offre loro un lavoro, un po’ come a quei quattro camerieri che assume al Billionaire d’estate per poi dichiarare pubblicamente di aiutare i Sardi e la loro economia. Quando l’unico che si arricchisce da quel locale è lui che in testa ha solo ed esclusivamente il business.
Come fuori luogo mi appare il suo modello turistico di importazione basato sul non luogo dei suoi spazi, su un luogo che non è territorio ma che ha quel frizzore di territorialità che lo esalta.
Un modello turistico con il quale tradisce continuamente la terra che lo ospita cercando di prostituirla al primo vecchio bavoso pieno di soldi che le vuole toccare il culo.
Così Briatore guarda la Sardegna con l’occhio bovino del bauscia pidocciazzaddu che la trova curiosa e che se la comprerebbe volentieri se fosse in vendita… così com’è, senza toccarla, con tutti dentro!!! Bontà sua.
Meno male che questi nullessenti indenariti oltre a pensare di saperla lunga non sanno nient’altro, perché almeno si svelano e si rivelano da soli.
Ma cos’è che non sanno?
Beh ad esempio non sanno cosa sia un uomo. Mi piacerebbe chiederglielo: Signor Briatore, secondo lei cos’è un Uomo?
Non sanno cosa sia la cultura di un territorio. E infatti non sanno che la cultura non è sapere quello che hai studiato a scuola ma capire il foglio che hai davanti.
E se il foglio che hai davanti è l’Uomo e la sua cultura, la Sardegna e la sua economia, se nel foglio che hai davanti ci sono millenni di storia e di cultura, millenni di produttività, di ricchezza, di socialità, di scambi, di allevamento, di pesca, di agricoltura, di controllo del territorio, di conoscenza, di scienza e di tecnologia, di navigazioni, di commercio, di musica, di letteratura, di teatro, di architettura, millenni di esistenza, insomma, senza Briatore …e tu, che sei Briatore, non capisci il foglio che hai davanti e vuoi la statua in piazza, allora vuoi proprio che le due pecore che Arzachena la conoscono eccome, ridano di te ogni volta che sentano una parola che fa rima con Briatore.
Ma in ogni caso ci ritroviamo col fardello Billionaire, un finto paradiso per miliardari annoiati che sfoggiano i loro troppi soldi in ossequio ai loro vizi, che spendono 45mila euro per una bottiglia di champagne perché quella è la loro idea di socialità, che non sanno dove si trovano e se glielo chiedi aprono google maps.
La cultura è conoscenza, è rielaborazione. In quest’isola ci sono cinquemila anni di storia e di economia, c’è la terra che ha più siti archeologici (e più archeologi disoccupati) prodotti da una delle culture più importanti e più potenti della storia del Mediterraneo. C’è una tradizione culinaria che affonda nella notte dei tempi, ci sono paesaggi, storia, storie, cultura, c’è tutto.
Abbiamo un concetto di Uomo che Briatore non capirà mai e che i millenni, la sopraffazioni, le ruberie e le violenze della storia non hanno intaccato. Noi un Omine lo sappiamo riconoscere e gli riconosciamo un valore. Tutti i Sardi sanno cos’è un Omine sebbene spesso se lo vogliano dimenticare per miopia o si lascino fregare dai ricatti della società. Tutti i Sardi, grandi e piccoli sanno rispondere a questa domanda. Tutti dal primo all’ultimo.
Briatore si vede da lontano che non se l’è mai neanche posta questa domanda e infatti parla di business senza alcuna consapevolezza, dall’alto di chi non saprà mai che essersi arricchito non equivale a possedere una ricchezza, che ci sono cose che non hanno prezzo e che quelli come lei in Sardegna non hanno un gran valore sociale perché il raffinatissimo concetto di Omine che ha prodotto la civiltà pastorale misura il valore di un uomo per come la persona è e non per quello che possiede o per quello che porta. E questi che ostentano sono emarginati dalla società perché considerati gente che non vale niente.
Questa vicenda dovrebbe farci riflettere sul modello turistico che la Sardegna vuole adottare. Questa vicenda dovrebbe portare noi sardi a porci una domanda: Ma davvero noi vogliano che la nostra terra sia conosciuta nel mondo come il paradiso di Briatore e i suoi simili? Come una terra di nessuno dove qualsiasi cafoneria è permessa?
Penso che il modello turistico della Sardegna debba essere in linea a quello che i Sardi stanno forgiando da qualche decennio e che va in una direzione nettamente contraria al modello arraffone che propina questo signore. Ovvero un modello di turismo che vuole arricchire i Sardi e i turisti sia culturalmente che umanamente. Uno scambio. Un turismo a km zero dove i cibi hanno sapore di gente e dove si conosce l’origine di ciò che mangi. Dove il vino e il formaggio sono cultura profonda. Dove il bovino è coccolato ma non è il capo della campagna, dove la pecora è sacra perché ha campato e continua a campare generazioni di sardi. Briatore invece pensa che rappresenti un’offesa. Un po’ come quelli che per offendere un uomo gli urlano “gay”. Di questo stiamo parlando.
Forse Briatore non ha ancora capito che noi in Sardegna ci siamo tutti i giorni di tutta la nostra vita e che qui viviamo benissimo e senza di lui vivremo sicuramente meglio e sicuramente senza l’imbarazzo di vedere la Sardegna sbattuta in prima pagina per raccontare le imbarazzanti vicende di lui e dei suoi clienti. Perché Briatore non si deve mai dimenticare che in Sardegna è un’ospite. Un ospite sempre meno gradito.
Simone Maulu
iRS – indipendenza Repubblica de Sardigna