Nell’antica Grecia, per superare dieci anni di inutili assedi alla città di Troia, Ulisse ideò un piano molto ben congeniato lasciando un cavallo di legno apparentemente innocuo sulla spiaggia antistante le mura. Il cavallo che i troiani portarono ignari dentro la città era pieno di guerrieri e segnò la caduta di Troia. Ora la storia si ripete, in modo decisamente più diabolico ma con lo stesso spirito di aggiramento. Nell’omerica Odissea trasposta ai giorni nostri, l’Ulisse Berlusconi ha ideato insieme ai suoi esecutori, ovvero la coppia Romani-Prestigiacomo (Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente) il perfetto stratagemma. Usare la moratoria dello stop di un anno al nucleare come cavallo di Troia per evitare così la sicura sconfitta al referendum abrogativo di giugno. Il popolo sardo, che è sempre stato oggetto di continui e ripetuti attacchi di conquiste, ha costantemente combattuto e respinto ogni tipo di assalto, e non ha nessuna intenzione di condurre questo cavallo di Troia entro le sue mura, rischiando così l’ennesima presa in giro da parte dell’Italia. La Sardegna e il suo popolo, a differenza dei troiani, ascolteranno la profezia di Cassandra (che aveva sconsigliato di portare il cavallo dentro le mura) e il 15 maggio 2011, data del referendum consultivo, grideranno a squarciagola il proprio dissenso al nucleare, rivelatosi devastante in Giappone e ancora visibile, 25 anni dopo, sotto il cielo di Chernobyl, con 200 tonnellate di radioattività a lasciare un segno indelebile. Ma non solo. Il nucleare è solo il principale cavallo di troia di questo referendum, nel quale si tenta di insabbiare silenziosamente altri tre quesiti molto importanti: quello del legittimo impedimento (il pretesto) e soprattutto quello contro la privatizzazione dell’acqua, altra risorsa determinante per il popolo sardo. La Sardegna non deve permettere che venga portato sull’Isola questo cavallo. L’Isola deve opporsi strenuamente come sempre ha fatto nella sua storia, deve farlo oppure tra un anno si ritroverà con una centrale nucleare sotto casa, si ritroverà incapace di gestire la sua acqua e soprattutto sarà legittimamente “impedita” all’opporsi al disegno di questa politica in rem propriam. Il popolo sardo vuole e deve essere in grado di esprimere la sua identità, vuole e deve avere la possibilità di costruire una Nazione che pensi al suo futuro, alla sua gente ed alla sua salute.
Una mitologia attualizzata, valida metafora funzionale ad una spiegazione che in tanti provano a dare ma che in realtà deve nascere, svilupparsi e soprattutto essere compresa in seno all’Isola. Un cavallo di Troia, s’è epicamente detto, un trojan nella sostanza, cioè un virus che manda in crash il sistema inviando informazioni e condizionando successivamente azioni e scelte. La Sardegna che vuole autodeterminarsi, autonoma nelle scelte e nella costruzione dei percorsi determinati dalle scelte stesse, il prossimo 15 maggio 2011 è chiamata a rispondere con veemente identità e coscienza alle interferenze di un sistema altro, quello della politica italiana, che decide quando e come convocare il popolo alle urne, interrogandolo su quesiti che, leggi legittimo impedimento, hanno realmente poco a che fare con l’Isola e la sua gente. Questo modus operandi ha però minato l’essere parte del processo di decisione politica dei sardi. Le continue chiamate alle urne negli anni hanno creato un allontanamento dalla politica e dalle scelte, manifestandosi allo stesso tempo come causa del male ed arma che viene e verrà utilizzata per tenere i sardi sotto la dominazione italiana.
La moratoria sul nucleare (il Senato italiano ha infatti approvato un emendamento che abroga le norme necessarie per la realizzazione di centrali) punta ad impedire che un argomento di assoluto richiamo e rilievo possa regalare alle urne il tanto temuto quorum, spazzando via l’ipotesi atomo che invece, temporaneamente rimessa nel cassetto, potrebbe essere riproposta ex novo fra qualche anno. Quorum che potrebbe inoltre rivelarsi letale per il governo italiano anche in chiave legittimo impedimento, e che invece potrebbe dare legittima dignità ed attenzione alla questione legata alla privatizzazione dell’acqua. Un caso puramente italiano rischia quindi di offuscare la vittoriosa battaglia condotta da iRS contro il nucleare e privare il popolo sardo della possibilità di esprimersi sulla questione acqua pubblica. La Sardegna non deve guardare alle manovre della politica italiana e non deve puntare ad offrire spunti a chi, sotto altre bandiere ed in nome di altri intenti, vuole delegittimare il governo italiano, ma nemmeno vuole e deve piegarsi a destini preconfezionati che comportano oggettive conseguenze per lo svolgersi della vita stessa dei sardi. Per questo il voto del 15 maggio 2011 è importante, quasi fondamentale nel suo senso più profondo.
È venuto il momento di decidere da soli, è venuto il momento di dare un segnale forte che possa arrivare chiaro anche oltre Tirreno. Noi di iRS crediamo nel progetto e per questo continueremo a lavorare sino a che i sardi, a prescindere dalle loro idee politiche, prenderanno atto del fatto che l’unica via praticabile per migliorare la loro condizione è l’indipendenza, e che per questo, nelle poche occasioni offerte dal sistema, occorre far valere con forza principi e idee condivisi.