Unioni civili nella Repubblica di Sardegna

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Tutte le coppie devono avere uguaglianza giuridica. Per ora è una lacuna del nostro sistema giuridico, un ritardo colpevole se vogliamo, un mancato adeguamento ai tempi, un passo da compiere certamente. L’ostacolo che impedisce alle coppie di fatto di essere riconosciute nell’Italia odierna non è certo la lentezza della burocrazia o l’instabilità economica che ostacola i sacrosanti progetti di una famiglia: l’ostacolo è un vuoto legislativo, ma anche culturale. E così, in Sardegna come in Italia siamo in ritardo di molto sul tabellino di marcia europeo che già assicura in molti paesi comunitari diritti alle coppie di fatto, etero e omosessuali. La Catalunya ad esempio, già più di dieci anni fa nel 1998 ha introdotto, seguendo l’art 32 della costituzione spagnola, una serie di norme che consentono alle coppie definite “stabili” di avere permessi dal lavoro in caso di malattia del partner, di richiedere gli alimenti in caso di divorzio, di accedere all’eredità del compagno/a al momento del decesso, insomma di intraprendere una normale relazione tra adulti consenzienti legalizzata senza doverne rendere conto agli oppositori dell’ultima ora. La Repubblica di Sardegna, come Stato moderno e ambizioso non potrà esimersi dall’emanare una serie norme che regolamentarizzino le unioni civili etero ed omosessuali, non potrà farlo semplicemente perché la società civile oggi sente la necessità di superare quelle difficoltà culturali e quei tabù che, al pari di una palla al piede, impediscono il pieno sviluppo delle coscienze e dei diritti dell’uomo. Legate a doppio filo ad una società fortemente cattolica come quella italiana, le polemiche che in questi anni hanno accompagnato le coppie di fatto, e le proposte di adozione da parte di coppie omosessuali, hanno però leso i diritti di migliaia di persone che ree di essere nate nel posto sbagliato nell’epoca sbagliata, vivono le difficoltà quotidiane in continua lotta per il riconoscimento dei loro diritti. Le proteste dei movimenti omosessuali in primis, che da anni esprimono il loro dissenso a questo vuoto legislativo sempre in maniera non-violenta e colorata, stanno però dando i primi frutti, e segnali positivi si avvertono anche nei singoli comuni. E’ l’esempio di Sassari, che da poco ha approvato il registro delle unioni civili, simbolicamente più che altro, ma certamente un primo passo civile e responsabile che ha smosso in una lunga diatriba il consiglio comunale, terminata con una decisione matura. Certo siamo molto lontani dalla Spagna, dalla Svezia che permette i matrimoni fra omosessuali, dall’Ungheria dove l’unione civile gay è al pari di quella etero, dalla Norvegia dove alle coppie omosessuali è persino consentito accedere alle adozioni; siamo lontani perché strozzati da una politica incapace di “leggere” la società, che si scandalizza per un manifesto publicitario  esplicitamente provocatorio che raffigura una famiglia omosessuale; saremo vicini all’Europa e al resto del mondo solamente quando il popolo sardo, variegato e tollerante, potrà votare le proprie leggi nella propria repubblica ed equipararsi finalmente a stati moderni, aperti e certamente più sensibili alle esigenze dei cittadini

Alessandro Derrù – iRS Porto Torres

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