“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientele”
Una delle frasi con cui Enrico Berlinguer, talento politico sardo che decise però di spendersi unicamente nella prospettiva italiana, aprì quasi trent’anni fa il dibattito sulla “questione morale” e diede vita a quella tendenza all’anti-politica molto in voga ai giorni nostri.
L’attualità delle sue parole è tristemente evidente, per cui è semplice, dopo esserci chiesti cosa è cambiato in questi decenni, constatare che, a parte le sigle e i nomi dei partiti, la situazione generale è sempre la stessa. I partiti politici rimangono mostri assetati di potere pressoché disinteressati ai problemi della società e della gente comune, disinvolti nella gestione clientelare, particolarmente a loro agio nell’accaparrarsi privilegi vari e pronti ad attivarsi miracolosamente solo in prossimità delle elezioni.
Esiste una questione morale in Sardegna, e soprattutto chi può vantare il diritto di portare avanti la popolare battaglia dell’anti-politica nell’isola? Innanzitutto, per quanto ci sforziamo di slegare la Sardegna dalle logiche politiche italiane, in questo caso è triste constatare come la questione morale dei partiti rispecchia fedelmente quella esistente nella penisola, oggi come allora. Questa non è la conseguenza di una presunta italianità nei “costumi amministrativi” dei sardi, semmai è la stessa presenza partitica italica a ridurre la Sardegna ad una sbiadita fotocopia dello stivale.
Le organizzazioni politiche “continentali” si sono radicate nella nostra nazione e come un cancro della peggior specie l’hanno infettata quasi completamente occupandone istituzioni e centri di potere e controllo. Per ovvie ragioni, tutto ciò che non appartiene a questo sistema e che dovrebbe rappresentarne l’unica vera alternativa, viene mostrato come inattuabile o inadeguato. Per sua natura, l’opzione indipendentista fa parte di quest’ultima categoria, essendo da sempre così poco allineata con il sistema esistente.
A rigor di logica però, sono proprio gli indipendentisti gli unici ad avere il diritto a portare avanti una spinta al rinnovamento etico della politica essendo gli unici non legati a doppio filo con il malcostume d’oltre-Tirreno e quindi del tutto liberi materialmente e moralmente per poter effettuare le scelte necessarie che ci potrebbero traghettare verso un futuro diverso.
La situazione odierna è abbastanza chiara, stiamo assistendo a una presa di coscienza collettiva e silenziosamente ma inesorabilmente la gente continua ad allontanarsi e sconfessare la vecchia politica. In molti, vecchi e nuovi marpioni, cercano di cavalcare l’onda lunga del cambiamento, si veda chi (Segni e Parisi) ha cercato di assumersi il merito del successo dei referendum apparendo radioso sui giornali del giorno dopo, la casta che plaude al referendum anti-casta? Oppure chi, dopo una breve esperienza come assessore regionale, cerca di costruirsi una credibilità politica gridando contro gli sprechi ed ergendosi a paladino senza macchia e senza paura, rimanendo però sempre ben saldo all’interno del Pdl. Che credibilità possono avere certi elementi agli occhi della gente?
Marco Lepori – iRS