In questi giorni è diventato virale l’esperimento del concerto fatto a Barcellona. Si è trattato del primo grande live dall’inizio della pandemia dove cinquemila partecipanti, con mascherina e tampone antigenico fatto, hanno potuto ballare ammassati sotto il palco del Palau Sant Jordi per il concerto dei Love of Lesbian. A supervisionare l’operazione era presente un team medico e così le persone hanno potuto vivere l’esperienza di un concerto senza distanziamento sociale quasi come era normale fare prima della pandemia. L’accesso al concerto era consentito solo attraverso un pass elettronico che doveva essere scaricato sul cellulare e veniva convalidato solo dopo l’esito negativo al tampone. Solo sei persone su cinquemila sono risultate positive al Covid-19 e non hanno potuto partecipare all’evento.
Il primo esperimento pilota si era svolto sempre a Barcellona nel dicembre scorso nella storica sala concerti Apolo. La sala è omologata per 900 persone ma è stato consentito di partecipare solo a 463 spettatori che hanno indossato la mascherina FFP2 ed effettuato il tampone rapido all’ingresso, qualche ora prima dell’inizio dell’evento. I responsabili dello studio clinico denominato PRIMA-CoV sostenuto dal festival Primavera Sound, dalla Fundación Lucha contra el Sida y las Enfermedades Infecciosas(Fondazione per la lotta contro l’Aids e le malattie trasmissibili) e dall’ospedale universitario Germans Trias i Pujol (Can Ruti) hanno dichiarato che “Lo studio permette di dichiarare che un evento che si svolge con queste stesse condizioni è sicuro”.
L’esperienza di questo tipo di test, che sono sia clinici che sociali, arriva da una società che non si vuole rassegnare alla pandemia ma la vuole sconfiggere. E non vuole farlo solamente costringendo le persone a rinchiudersi in casa da sole, uccidendosi prima che lo faccia il virus. La pandemia la si può sconfiggere anche vivendo, divertendosi, arricchendosi e prendendosi cura del proprio aspetto psicologico, non solo della salute fisica ma anche di quella mentale.
In Sardegna oggi viviamo una situazione paradossale. Come sempre siamo ingabbiati dalle regole imposte dal Governo italiano che calcola le percentuali di rischio senza tenere conto delle specificità dei territori e che, come scrive la Prof. Eugenia Tognotti “mette sullo stesso piano la Lombardia e un’isola come la Sardegna , superfici quasi pari (rispettivamente 23.844 e 24.090 kmq) e una densità demografica di più di sei volte superiore (423,4 a 69 ab. per kmq).”
Il Governo italiano non prende nemmeno in considerazione i dati forniti dall’Agenas che dicono chiaramente che nell’Isola cala la pressione sugli ospedali: le terapie intensive ospitano il 10% di posti letto Covid, mentre è dell’11% la pressione nei reparti di area medica.
Ma se si governa applicando una statistica che non è tarata per analizzare la realtà della Sardegna ci si ritrova inevitabilmente in situazioni paradossali senza rendersi conto che si sta giocando con la vita delle persone costringendole a chiudere le proprie attività, a non poter circolare in macchina in più di due persone, a dover rientrare a casa alle 22. Tutto questo senza un motivo plausibile e senza un pericolo percepibile realmente.
I baristi e i ristoratori, che hanno investito sulla sicurezza e che garantiscono il rispetto delle regole, non possono lavorare. Perchè? Semplicemente perché sono facilmente controllabili, se aprono l’attività nonostante il divieto arrivano le forze dell’ordine che sanzionano il gestore e chiudono il locale.
In contemporanea, nelle settimane a ridosso di Pasqua, nei porti e negli aeroporti sardi, assistiamo inermi all’esodo dei turisti che in barba alle regole e al buonsenso arrivano in Sardegna palesemente in vacanza presentando autocertificazioni assurde con motivazioni come “bisogno di iodio”, “accudire animali” (e nel resto dell’anno chi li accudisce?) finti motivi lavorativi, presunti tubi rotti nelle seconde case etc… Queste persone entrano e rimangono in Sardegna nonostante sia palese che le autocertificazioni che hanno presentato sono farlocche. Perchè? Semplicemente perché non sono facilmente controllabili. Perchè la mole di ingressi è nettamente superiore alle forze in campo preposte al controllo. E lo si sapeva fin dall’inizio.
Questo è il non senso, il fattore scatenante che frustra le persone, i lavoratori, i titolari di attività che hanno investito sulla sicurezza ma gli viene comunque proibito di lavorare. Questo porta le persone a perdere completamente la fiducia nelle istituzioni e nella politica promotrice di queste scelte frustranti vessatorie nei confronti dei lavoratori, di punizione indiscriminata del cittadino sul quale vengono scaricate tutte le responsabilità in merito alla pandemia perché gli organi istituzionali preposti e pagati per combatterla non sono in grado di farlo seriamente.
Mentre in Catalogna si lavora concretamente per un ritorno prudente alla vita e lo si fa attraverso la socialità, la musica, l’arte, la cultura e la spensieratezza in Sardegna la musica, il teatro, il cinema l’arte e la cultura sono le prime a morire insieme a chi le promuove e il nostro ritorno alla vita è nelle mani di un Governo, quello italiano, che lentamente ci uccide con la complicità del nostro silenzio e della mancanza di reazione da parte del Popolo sardo.
Simone Maulu