29 ottobre 2009
In questi giorni l’Assessore alla Programmazione e Bilancio della Regione Sardegna, Giorgio La Spisa, ha presentato il PRS – Programma Regionale di Sviluppo – relativo agli anni 2010-2014. È il documento che definisce le strategie e i progetti attuativi nei diversi settori del sistema economico sardo per l’intera legislatura.
Alla voce “Riequilibrio finanziario e del regime delle entrate” leggiamo che: “Dopo circa 60 anni dalla approvazione delle norme di attuazione dello Statuto in materia di entrate, è improcrastinabile l’introduzione di una nuova disciplina, che dovrà statuire, in modo certo e chiaro, criteri e modalità di quantificazione delle quote tributarie spettanti alla Sardegna, stabilendo i tempi e le modalità operative per il loro riversamento nelle casse regionali.
Tale passaggio è assolutamente necessario per stabilizzare gli effetti positivi e correggere le carenza della recente riforma dell’art. 8 dello Statuto.”
Sembra assurdo ma c’è scritto proprio cosi. Cioè, dopo 60 anni non si riesce a concepire niente di più che la richiesta di una minore attesa per avere i nostri soldi.
Niente da dire sul meccanismo monco e castrante che regola i rapporti fiscali tra Stato e regione?
Il meccanismo in questione vuole che le casse centrali del fisco italiano incassino le imposte per noi, per poi riversarcele a tempo debito.
Questo non è avvenuto, non almeno dal 1991 al 2003, anni in cui l’entità del mancato riversamento delle imposte spettanti è stata clamorosa. Tale inadempienza da parte dello Stato ha concorso, con la colpevole passività della classe politica sarda, alla formazione di un debito enorme nei bilanci regionali.
Oggi la politica sarda non sa fare di meglio che chiedere ancora il favore di ricevere a scadenza meno lontana ciò che le spetterebbe subito e per legge.
A questo punto, per i sardi emerge con tutta evidenza la necessità, oltre che il diritto, di costituire una nostra Cassa delle entrate. Un ente che gestirebbe totalmente l’accertamento e la riscossione delle imposte pagate in Sardegna dalle persone fisiche, dalle persone giuridiche private e da qualsiasi altro soggetto economico sottoposto al prelievo fiscale.
L’ARASE (Agenzia della Regione Autonoma della Sardegna per le Entrate) ha le competenze necessarie e, per il compimento delle sue funzioni, potrebbe avvalersi del personale delle amministrazioni finanziarie attualmente impiegato in Sardegna.
Questa soluzione ci consentirebbe di avere anche un controllo diretto delle entrate, nonché di verificare in tempo reale la salute delle nostre imprese e capire se e quando sono in difficoltà e, nel caso, varare programmi di sostegno.
Del resto questo dovrebbe fare una vera classe dirigente.
Oggi invece dobbiamo attendere per anni che arrivi da Roma il resoconto dei dati economici e fiscali relativi alla Sardegna, dati per altro – il sospetto è legittimo – rivisti e corretti in base agli umori e alle necessità del governo italiano di turno.
La soggezione passiva alle inadempienze dello Stato centrale – prassi usuale delle amministrazioni regionali sarde – è non solo contrario alle norme pure in vigore, ma è, soprattutto, eticamente, politicamente ed economicamente alieno ai reali interessi di progresso civile e benessere materiale di tutti i sardi.
Jùliu Kerki
Assemblea Nazionale iRS
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Isgàrrica s’artìculu: 2009-10-29 – La rinuncia preventiva nel nuovo PRS
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