12 gennaio 2007
L’intervento del segretario della Filcem-CGIL sarda apparso sulla Nuova Sardegna del 3 gennaio 2007 dal titolo “Grave errore opporsi al termovalorizzatore da realizzare Ottana”, porta a riflettere principalmente su due questioni:
1) la necessità/emergenza di smaltire migliaia di tonnellate di rifiuti indifferenziati,
2) l’esigenza di nuove fonti di approvvigionamento energetico per il rilancio delle attività industriali nella piana di Ottana.
Sorgono forti dubbi sulla reale quantità dei rifiuti da trattare e, come è capitato altrove, si ha la sensazione che si tenda ad esagerare al rialzo sulla quantità, gridando un’emergenza che poi di fatto non esiste. Viene il sospetto che si voglia creare una struttura costosissima per favorire alcuni interessi legati a questa fase; se poi non dovesse mai funzionare, pazienza, non sarebbe la prima volta che succede ad Ottana.
Si propone una cura, l’incenerimento, che rappresenta invece una malattia ancora più grave. Perché invece non si inizia a discutere su interventi utili a ridurre la produzione dei rifiuti? Per fare questo serve uno sforzo istituzionale e collettivo che porti la Sardegna in pochi mesi a differenziare, quindi recuperare gran parte dei rifiuti prodotti. Avere sempre minori quantità di rifiuti da trattare e da conferire agli inceneritori già attivi o alle discariche. Su questo aspetto siamo molto indietro rispetto agli standard che impone la Comunità Europea. Per questo motivo l’Italia paga sanzioni per svariati milioni di euro, perciò è prioritario differenziare altrimenti le sanzioni comunitarie diventeranno insostenibili.
Il signor Asuni non menziona l’impatto che questo genere di impianti ha sulla salute e sull’ambiente. Chi ha ascoltato la conferenza del dott. Montanari, che iRS ha organizzato nello scorso dicembre, sa che l’incenerimento non è una soluzione, perchè non crea ne occupazione, ne benessere economico e neanche benessere ambientale. Chi sostiene il contrario, sostiene interessi che non sono quelli della comunità e dei cittadini. Di inceneritori si muore; non nell’immediato certo. L’effetto di patologie come linfomi, tumori al fegato, tumori ai polmoni, malformazioni fetali, ecc., si presenterà tra qualche decennio e sapremo che, se i nostri figli e nipoti moriranno per questi motivi, la responsabilità sarà solo di quanti oggi sostengono che l’incenerimento crea occupazione. Cosa siamo disposti a sacrificare per l’occupazione? Dobbiamo deciderlo adesso, e prenderci le nostre responsabilità.
Tutti i paesi più avanzati stanno chiudendo gli inceneritori. Già dal 1993 l’ “Wall Street Journal”, descriveva i motivi per cui l’impianto di incenerimento fosse un’attività disastrosa anche sotto il profilo economico. Si omette di dire che, per l’Unione Europea, il termine “termovalorizzatore” è considerato ingannevole. Si parla di occupazione ma non è dato sapere quante unità occuperà l’impianto, ne quanti perderanno il proprio lavoro nel settore agricolo.
Il secondo problema sollevato è relativo al rilancio dell’area industriale di Ottana. Si fomenta l’illusione che il “termovalorizzatore”, possa “arrestare il declino industriale della Sardegna Centrale”(cit.), mentre, ed è cronaca di questi giorni, gli scandali relativi al Contratto d’area, dimostrano che il declino industriale di Ottana, è dovuto a problemi ben più gravi. Problemi legati a scelte politiche errate, a poca moralità nella gestione di fondi pubblici, ad aziende poco serie e interessate a speculare sui finanziamenti pubblici piuttosto che impegnarsi nella produzione di beni e servizi. Nella delibera della Regione si parla di un investimento privato di 160.000.000 di euro per la costruzione dell’inceneritore. È proprio assurdo pensare ad aziende che invece di “incenerire”, investano capitali per produrre energia elettrica da fonti rinnovabili, sostenendo le attività esistenti e, contemporaneamente, contribuendo a creare un distretto industriale di qualità? Sempre che l’industria sia l’obiettivo per Ottana, perché non pensare alla graduale riduzione delle attività inquinanti e alla loro trasformazione in attività a favore dell’ambiente? A guadagnarci sarebbero sicuramente i lavoratori, sia in termini di reddito, sia in termini di salute. Ci sarebbero notevoli vantaggi occupazionali oltre che per l’ambiente e per l’agricoltura, (che con l’inceneritore verrebbe notevolmente compromessa) e per tutti i cittadini.
È auspicabile che, da chi si batte per i diritti dei lavoratori, vengano idee sempre innovative. È necessario aprirsi verso tutte le alternative possibili per la Sardegna Centrale e iniziare a pensare di estirpare i nostri mali, non curarli con medicine improvvisate, dettate dalle emergenze o dagli interessi privati degli speculatori industriali. Il lavoro è un valore essenziale per la società, ma la salute viene senz’altro prima.
iRS ha da tempo organizzato un comitato spontaneo aperto, per discutere tutte le questioni riguardanti l’incenerimento dei rifiuti in Sardegna e invita chiunque è interessato, a partecipare alle sue attività. Chiediamo inoltre a tutti i sindacati, di avere al più presto un incontro durante il quale discutere in modo più approfondito le suddette questioni, senza pregiudizi o contrapposizioni, ma aperti al dialogo e al confronto, per il bene dei cittadini e dei lavoratori.
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Isgàrrica s’artìculu: 2007-01-12 – Ottana, iRS risponde alla CGIL
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