iRS aveva ragione. L’area industriale di Minciaredda a Porto Torres ha subito un disastro ambientale di dimensioni inimmaginabili. Le indagini e il processo lo hanno appurato. Ad iRS il merito di aver scoperto e portato a conoscenza dell’opinione pubblica la cosiddetta collina dei veleni. iRS, per un futuro pulito, dignitoso e indipendente.
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Isgàrrica s’artìculu: 2008-05-02 – Syndial, per il PM è stato un disastro ambientale
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DOCUMENTI MULTIMEDIALI D’ARCHIVIO
– Fotografie dell’azione di iRS a Porto Torres
– Video di iTB del blitz di iRS a Porto Torres
TESTI D’ARCHIVIO
– Comunicato: Per un futuro pulito, dignitoso, indipendente
– Voci su un’indagine contro iRS per il blitz di Porto Torres
– Gavino Sale (iRS) audito dalla Commissione Parlamentare sul Ciclo dei Rifiuti
– Convocazione ufficiale della Commissione Ecomafie
– Il piano di bonifica della collina dei veleni
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RASSEGNA STAMPA
L’UNIONE SARDA | 09/05/2008
Il blitz vincente dell’investigatore Sale
Anche l’altro ieri, a inchiesta ormai conclusa, Gavino Sale, leader dell’iRS (Indipendentzia Repubrica de Sardigna) ha salito le scale del Palazzo di giustizia per parlare col Pm Michele Incani, Comprensibile, perché Sale e i suoi compagni dell’iRS sono i promotori della più grande inchiesta sull’inquinamento industriale mai compiuta in Sardegna. Sono stati loro, il 28 luglio 2003, a organizzare una conferenza stampa nella quale denunciavano (allarme infondato) l’arrivo di scorie radioattive a Porto Torres. Il 18 agosto invece, insieme a Gabriella Pinto (Forza Italia) e Mauro Bulgarelli (Verdi), irruppero nell’area industriale dello stabilimento Enichem di Porto Torres, zona Minciaredda, e con un escavatore portarono alla luce una discarica di rifiuti industriali utilizzata, negli anni, da varie società. Da lì il Pm Michele Incani, cagliaritano, in servizio presso la Procura di Sassari, fece partire l’inchiesta conclusa nei giorni scorsi.
Con risultati rilevanti. Gavino Sale ne è giustamente orgoglioso. E anche oggi che è consigliere provinciale segue le vicende ambientali del Sassarese. Sorpreso? «Francamente, dopo tante delusioni, credevo mi sarei trovato, ancora una volta, di fronte a un muro di gomma. Nessuno si è mai voluto occupare seriamente del fenomeno inquinamento. Invece, il dottor Incani si è dimostrato un magistrato serio». Inchiesta a parte, la situazione ambientale resta drammatica. « In cinquant’anni si è realizzato un autentico stravolgimento dell’ambiente. A Minciaredda un tempo c’era un lago con pesci e folaghe. Dalla Sir in poi, è stato riempito di rifiuti industriali sino a formare una collina alta venti metri.
A pochi metri dal mare. Lo sapevano tutti cosa stava succedendo, ma nessuno si è mosso». Non esiste solo Minciaredda. «La mia preoccupazione maggiore riguarda la falda idrica. A sette chilometri dall’area industriale i pozzi sono inquinati. Non a caso, l’ex sindaco Gilda Usai Cermelli aveva emesso un’ordinanza con la quale avvisava di non utilizzare quell’acqua. Il problema è che siamo vicini alla falda della Nurra, un bacino imbrifero da un miliardo di metri cubi. Acqua purissima. Temo contaminazioni ». Sembra più attuale il problema del disinquinamento dell’area industriale di Porto Torres. «La situazione è gravissima.
Ci sono millecinquecento ettari inquinati, cinquecento dei quali in condizioni pessime. Il Piano di caratterizzazione e le indagini del magistrato hanno accertato la presenza di una miriade di sostanze velenose. È urgente procedere a un’opera di disinquinamento». Ma ci sono i mezzi indispensabili? «Nell’ultima Finanziaria nazionale sono stati previsti 6 milioni di euro per studi sulla situazione dell’inquinamento». Non è molto. «Sono d’accordo, ma bisogna fare delle scelte.
Oggi il petrolchimico produce 39 milioni di stipendi all’anno. Ne vale la pena? Credo che bisognerebbe avere il coraggio di puntare su soluzioni alternative. Per disinquinare Marghera sono state stanziate somme ingenti. Dobbiamo ottenere gli stessi risultati. Sono certo che se si imposta una seria attività di bonifica, a Porto Torres avremo lavoro sicuro per i prossimi 25 anni. Dobbiamo liberaci, finalmente, del ricatto rappresentato dalle buste paga delle imprese inquinanti. La salute non ha prezzo». L. S.
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LA NUOVA SARDEGNA | di Federico SPANO | 02/05/2008
Syndial, è stato un disastro ambientale
Golfo dell’Asinara inquinato, per il pm è disastro ambientale
Si è chiusa dopo due anni di indagini l’inchiesta della procura della Repubblica di Sassari sui veleni riversati in mare dagli scarichi delle aziende del polo industriale di Porto Torres. Nelle acque del golfo dell’Asinara sarebbero finite sostanze altamente cancerogene, che avrebbero contaminato il mare e il sottosuolo. Tra i vari reati è ipotizzato anche quello di disastro ambientale.
Nei prossimi giorni, il sostituto procuratore Michele Incani, titolare delle indagini, dovrà decidere se chiedere al giudice per le indagini preliminari di rinviare a giudizio i quattro indagati. Le ipotesi di reato vanno appunto dal disastro ambientale, all’inquinamento delle acque e delle sostanze alimentari. Gli indagati sono il direttore dello stabilimento Syndial, Gianfranco Righi, il direttore della Sasol Italia, Guido Safran, l’amministratore delegato della Ineos, Diego Carmello, e il direttore della Ineos Sassari, Francesco Apeddu. Tutti devono rispondere di reati che sarebbero stati commessi tra il 2003 e il 2006, per aver violato, seconde le ipotesi dell’accusa, le leggi di tutela ambientale e della salute dei cittadini. Gli indagati hanno ora venti giorni per presentare le proprie memorie difensive.
L’inchiesta sull’inquinamento nella zona industriale di Porto Torres era iniziata dopo il blitz degli indipendentisti dell’Irs (Indipendentzia Repubrica de Sardigna), guidati da Gavino Sale, sulla collina di Miniciaredda, vicino a Porto Torres. Sito che era stato ribattezzato la collina dei veleni per la quantità di bidoni con sostanze inquinanti che erano stati interrati.
In base alle analisi dei periti, si è anche potuto appurare che quel sito, in realtà, sarebbe addirittura meno inquinato rispetto ad altre zone del polo industriale, come il bacino di calma, che si trova nel porto industriale.
Nel corso delle indagini, scoppiò il «giallo» delle cozze-sentinella. Fatte ancorare in mare dalla Procura per accertare il livello di inquinamento, sparirono misteriosamente alcuni giorni dopo. I molluschi nutrendosi trattengono le sostanze con cui vengono a contatto, quindi anche i veleni. L’obiettivo degli inquirenti, infatti, era quello di verificare attraverso i molluschi, i dati delle prime analisi di laboratorio da cui emergevano valori di inquinamento allarmanti. Una parte delle cozze era stata agganciata al pilone 27 della diga foranea del porto industriale, un’altra in mare aperto a una alla profondità di otto metri. Le diagnosi successive, se non fossero «scomparse» le cozze, avrebbero confermato o smentito l’avvelenamento riscontrato con le prime analisi di laboratorio.
Il sostituto procurate Michele Incani aveva ricevuto alla fine di aprile del 2007, una relazione tecnica di quasi duemila pagine, presentata da Giorgio Ferrari, direttore della sezione Inquinamento del magistrato delle Acque di Venezia, da Massimo Gabellini e Antonella Ausili, rispettivamente minerologo e biologa dell’Incram (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare). La superperizia, eseguita con campionamenti e studi effettuati tra il novembre 2005 e il dicembre 2006, era così passata sotto la lente lente del titolare dell’inchiesta. A metà aprile del 2006, dopo le primissime relazioni degli studiosi dell’Icram e del magistrato delle acque di Venezia, che avevano riscontrato diossine e idrocarburi, il pm Incani aveva iscritto tre persone nel registro degli indagati con l’ipotesi accusatoria di aver violato il decreto Ronchi. Secondo le accuse della Procura della Repubblica i tre stabilimenti non avrebbero rispettato la legge sull’inquinamento ambientale.